Nove colonne, nove come l'enneade sacra, come l'imperfetto che tende alla perfezione, come l'uomo proteso al divino dieci. I sacerdoti hanno custodito qualcosa che tutti avrebbero voluto e il mago, o forse M., alla fine del suo tempo ha riposto lì, ha riconsegnato alla storia fuori dal suo tempo. Il deserto la inonda, la sommerge e il vento la riscopre, la rivela sempre. Tindòra, la sacra città decaduta dei sacerdoti, l'austera via da seguire, la dritta via da non dimenticare e che nonstante tutto, è scomparsa nelle sabbie calde dell'oblio. Oggi posso sorridere per essere stato bambino fra le sue porte, fra le sue mura di terra e fango, per aver capito in tempo che cosa mi attendeva, che cosa attendeva tutti. Oggi sorrido e torno a rubare quello che mi appartiene. Lontano il lago Fato, grazie al quale, secoli fa, mi sono salvato. 
giovedì 25 febbraio 2010
Tindòra e il lago Fato
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