...due sono state e sono tornate le terre, due furono e sono di nuovo gli antichi regni ed uno è rimasto, da sempre, il confine del presente...

martedì 11 giugno 2013

Potenti re

Sono sempre io, sono sempre lo stesso pensiero nato e cresciuto in una mente iperbolica e surreale,  aliena e paradossale. Sono sempre io, leggero e pesantissimo, frammentato e diviso nelle mie moltiplicanze...sono lo stesso oltre i festeggiamenti di maggio, oltre le asperità, oltre le stelle, i cieli, le andature leggere i colori d'inverno. il Palazzo delle Stagioni ha chiuso le sue vetrate, le festività col mese nuovo sono finite e tutto è tornato alla lettura, sotto la stessa neve, lo stesso identico sole. Eppure in profondità molto è cambiato, strisciato via, decaduto e rinnovato. Molto di ciò che era non è più perchè qualcuno è riuscito a togliergli il colore mantenendo la patina dorata esterna, mantenendo quello che si è sempre sembrati. Ambisco ad un'unità più grande, più alta che sfugge alle mie mani, ai miei stessi  pensieri; un'idea troppo alta perchè io l'afferri. E mi appello ad Astrial, alla Tavola Concava, a tutte le arti che posso possedere per sanare questa disomogeneità. Ambisco a parole più rilassanti di quelle di questi utlimi giorni, parole anche fragili ma meno pesanti. Parole che non tocchino sempre l'anima, che non distruggano cristalli e ceramiche con il loro passare, con il loro incedere, con il loro indugiare. E qui tutto torna alla lettura, al silenzio ed Eliante scivola di nuovo nel buio delle sue terre, appagato di ciò che è stato; M. rimpiange un passato glorioso in cui antichi re si appellavano a più antichi dei per sostenere quello che oggi non ha più colonne, non ha più soffitti, non ha più nome
. Antichi re, potenti e fermi nelle loro decisioni indissolubili, inalienabili, indistruttibili...potenti re. Porto una corona che non mi appartiene più.

martedì 4 giugno 2013

La fine e l'inizio: le festività, la vita e la morte

Dimentico sempre, fra i  mille errori di ortografia, quello che lega la fine all'inizio. Ed ogni cosa infine sarà servita, e tutti i passeggeri o i raminghi di queste terre saranno stati i benvenuti, gli ospiti di una vita. La vita sì, come l'inizio e la fine. Perché è nostra, nostra soltanto e chi adesso l'ha lasciata ha perduto quello che di più grande ha potuto stringere, quello che davvero non dovrebbe toccarci mai di lasciare. M. è ammutolito davanti alla straordinarietà dell'esistenza e mi accusa di leggerezza, di sopraffazione della verità;  e Eliante mi ricorda che le festività di maggio si sono concluse senza che me ne fossi accorto, senza che nulla fosse scivolato chiaramente sotto ai miei occhi; senza che la follia ci abbia assalito veramente, come davvero e tacitamente temevamo, senza che il mondo abbia smesso di ruotare. Eliante vaga nelle sue terre e mi ricorda, senza parlare, quanto sia difficile comunicare quello che si costruisce, quello che si immagina; come il linguaggio sia  difficile da universalizzare....e le parole si caricano di metafore e significati multipli e molteplici a confondere tutto, a disperdere ogni briciolo di sanità relazionale e si finisce per litigare, per discutere....ma in fondo, rispondo io, non si può evitare, la tavola concava raccoglierà ancora le nostre lacrime e le musiche leggere, di queste terre, esisteranno ancora, finchè avremo un'esistenza; e la ferita sarà una cicatrice per un domani diverso e più pieno. Faccio fatica a rimettere tutto insieme; pensiero analogico direi io, scarsità di chiarezze di idee, direbbero altri...Eliante vaga, io penso, M. sta in silenzio. Che destino strano ci attende, che magnifica leggerezza, che pesante pesantezza, che astuta mentalizzazione.