...due sono state e sono tornate le terre, due furono e sono di nuovo gli antichi regni ed uno è rimasto, da sempre, il confine del presente...

giovedì 3 marzo 2022

Paura

Quanto tempo, quanta neve, quante stagioni. Torno a questi luoghi perchè non so dove altro andare, perchè non esiste una destinazione più lontana di questa, perchè il rumore è dentro, soltanto dentro. Fuggo per cercare il silenzio, per cercare la perfezione e la bellezza; e tutto si ripiega in uno spazio curvo, in una dimesione arrotolata, aggiunta, sconosciuta, svelata e rivelata. E ritornano le antiche leggende, quelle che si legano al mio nome, alla mia natura, alla mia regalità. Queste terre mi riconoscono, mi accolgono, mi inebriano, e mi assalgono con le loro discasie, le loro fantastiche fantasie. Ho paura e sento freddo come altre volte mi è capitato; e fu la neve, la neve allora, a ricoprire ogni passo, a nascondere le tracce incerte di un incerto cammino, di un incerto futuro, di un incerto divenire. Nulla sembra dispiegarsi se non la necessità di una scelta, la necessità di una presa di posizione, di una guerra imminente, di un conflitto che avrà solo perdenti e sconfitti. Mi perdoni il cielo se la pace non fa parte della mia vita, se nulla conduce alla gioia, se niente si allinea su un dritto sentiero. I boschi tornano a raccontare tutto quelloe che è stato, quello che è andato perduto, quello che ho abbandonato o sostituito. I boschi mi rammentano che nulla, nulla torna come prima, che nessuno si lava due volte nello stesso fiume, e che se anche la sensazione può sembrarti quella, nulla è mai come è stato e nulla lo sarà più. Mi perdoni il cielo, lo stesso che ho rinnegato, molti secoli fa, mi perdoni e mi assista con i suoi angeli. Ho freddo, la paura è troppo forte

domenica 1 novembre 2020

Perdono

Mi perdonino i Cieli e le enneadi sacre, per aver rinunciato, per aver abbandonato. La Regina fu chiara: fa parte doi me, della mia materia, abbandonare ogni cosa, anche lei, fuggita appena oltre, dope neanche possiamo più sperare di guardarci negli occhi, dove anche gli occhi perdono gli sguardi in un o spazio che si piega alla necessità di abbandono. Mi perdonino i Cieli, non è nelle mie forze, non ancora poter contrastare qanto sembra nascere come un drago, dalle profondità di una terra desolata, quale sono. Sono desolato, triste e abbandonato, proprio come queste terre, proprio come questi tramonti interminabili. Ho pianto, ho pianto molto perchè quando si sceglie, convinti che la direzione è quella giusta e si abbandona tutte le altre, quando ci si incanala in scelte decise, per un po' si è orgogliosi e forti di se stessi, si è audaci e fieri, come leogrifi, come stelle nuove, nevi perenni. Soltanto in seguito, quando la terra sollevata sotto la superficie del lago da piedi maldestri si decanta e lascia intravedere un po' oltre, solo allora, quando il lago si cama e si schiarisce, solo allora arrivano le lascrime, quelle solitarie, quelle incondivisibili, quelle che nessuno più puo' capire perchè neanche la tua anima è più con te e neanche lei puo' aiutarti a spiegarle. Perdono perchè non avrei potuto fare altrimenti e la forza per fare altro non l'ho neanche adesso. Perdono, per aver lasciato un impero, un regno ben governato all insidie del mondo, alla corruzione del tempo. Il Tempo. Avevo creduto, di poterlo tenere fuori. Ingenuità di un giovane troppo inesperto della vita, e della morte. E adesso che tutto chiama alla morte intorno, non vedo altro che le parole del tempo, insinuate in ogni cristallo di neve, in ogni ricordo, in ogni futuro possibile. Il Tempo. 

venerdì 21 giugno 2019

Mondi e parole

Esiste ancora, c'è ancora, questo immenso, infinito, piccolissimo angolo di memoria e di emozioni. La natura, le interruzioni, le tracce interiori, è tutto ancora qua. 
Non ci sarà un paradiso, un inferno per le nostre gioie o le nostre colpe. Semplicemente ho abbandonato quello che non volevo più, col coraggio di chi ha sofferto troppo e non è più disposto a sopportare per una causa che non ha più peso, che non ha più forza, che non ha più luce. Perdonami, perdonami se puoi ma sono fuggito, appena dietro un angolo per non essere più visto, per essere dimenticato, per abbandonare corone e regni, sfarzo e ori e riprendere le mie emozioni; anche quelle avevo perdute.
Qui si sta bene, come a casa. Qui dove tutto s'inneva  e si copre di parole, solo parole. Ma non sono quelle a fare più male? Non solo quelle a renderci più forti? non  sono quelle ad evocare, conformare, plasmare, evocare. Sono loro, sono quelle, perchè nulla al mondo sarebbe se non fosse chiamato, se non fosse parlato, se non fosse evocato. Rievoco allora me stesso, dalle ceneri di un passato che non ha più diritto di irretirmi, non ha più diritto di impantanarmi in ceneri spente. Spente, come tutto quello che è stato, castelli e progetti affondati e distrutti. ho pianto a sufficienza e tu sicuramente più di me, ma il tempo per andare oltre è giunto. è arrivato. 

lunedì 21 marzo 2016

Da Ovest

Riparto dall'Ovest, in preghiera alla tavola sacra sorta sulle ceneri della torre di Flauris. Il passato è stato glorioso e le sue rovine testimoniano che nulla è definitivamente perduto ma trasformato. C'è dolore e fatica, tristezza e rassegnazione per quello che è stato e che non potrà più essere, non come lo abbiamo conosciuto. Nulla sarà più. L'illusione che le cose possano rimanere tali per sempre è una superstizione generata dall'ignoranza umana. Nell'equinozio di primavera tutto sembra schiudersi ancora, uovo Pasquale, e rinsacere. Piccolo germoglio, piccola antropomorfica speranza di vita futura. Piango sulla Tavola della Rinascita e spero nel mio futuro. Mi lego a chi si slega, mi avvicino a chi tenta di andarsene. Sono re e servo di me stesso, sono povero e ricco di quanto possiedo.

sabato 19 marzo 2016

L' Appeso, l'Eremita e il Re

Oltre il bosco, le terre desolate, i mondi abbandonati, oltre lo sguardo che ho sempre consegnato a questi palazzi, oltre, adesso, non esiste più nulla, e tutto sarà da ricostruire. Mi perdoni il cielo, le mie alchimie infine hanno estinto antiche civiltà, primordiali esistenze per approdare di nuovo sull'antica isola di F. che credevo sommersa dal Grande Fiume. Sono rimasto solo, il mio nome è Eliante, l'oscuro re oltre il fiume che tutto divide, che tutto sepra, che tutto incide e solca. Ma niente adesso (paradosso dell'esistenza) è separazione, divisione o solco indelebile. Tutto si è ricongiunto nella neve, nelle parole abbandonate che un tempo si dipanavano dalla torre Faro, dove il Mago e l'Apprendista dimoravano senza fatica. Terre distrutte, terre dove crescere e morire e rinascere. Mi perdoni il cielo, l'alchimia è divenuta magia, la magia ha perdurato e avvolto ogni forma e le forme prima o poi, disegnano nuovi contorni e apprendono significati occulti. Mi perdoni la sorte se l'ho sfidata e vinta, se l'ho abbandonata e rinnovata. Mi benedica il desiderio che ha generato cambiamento e nuovi desideri per nuovi futuri cambiamenti, un mutaforme continuo e imperituro, un uroboro senza cima nè coda. Mi riposo finalmente impaurito dalla notte che tutto pervade e riempie; raggelato dall'assenza di freddo, confuso dagli inifiti sentieri che infine sembrano aprirsi davanti ai miei piedi. L'appeso diventa un eremita che cercherà la strada per essere Re.

giovedì 10 settembre 2015

Resoconto di un viaggio

Ho fatto un lungo viaggio. Il tempo è scorso veloce. Le terre oltre il Grande Fiume sembravano impervie, sembravano troppo oscure per la mia fantasiosa mente. Eliante ora non ha più misteri. Lui adesso dimora in me ed io sono in lui, uniti per sempre e indissolubilmente; fusi nella discontinuità che l'Est e l'Ovest generano l'uno all'altro. Il Catello Nero  è la mia nuova dimora e tutto scompare sotto la neve. Ho scritto poesie, ho cantato alle stelle, ho aspettato i solstizi e il succedersi delle nuove lune. Le sorprese e gli incontri importanti non sono mancati. Mancano invece le stesse sensazioni, quelle di pienezza e distrazione, quelle di appagamento perenne, quello nulla è riuscito a darmelo. La voragine oltre il bosco invece si è fermata, in una sospensione innaturale e impossibile da risolvere e sostenere. Tutto si autosostiene paurosamente nel vortice di emozioni congelate e rimandate; tutto vive e respira in una unità mai statica e sempre dinamicamente iperbolica. Eliante non ha più misteri; Eliante, dono di Astrial, passaggio oltre la nera barriera, respiro della terra profonda, adesso è con me. 
Ho fatto un lungo viaggio, ho riattraversato il Grande Fiume e sono tornato al Palazzo delle Stagioni. Tutto qui non ricorda la sua origine e tutto necessità di continuità per sopravvivere. Ho dato luce ai grandi androni, alle scalinate e ai portici che circondano ogni emozione. Nulla rimane della polvere del passato. Solo ricordi sbiaditi di vite morte e accantonate. Le stanze chiuse attenderanno la forza di aprirle. Bentornato. 

venerdì 19 dicembre 2014

Solitudine

C'è troppa neve, ne ho desiderata troppa. Ha coperto i desideri, proteggendoli dal freddo ma li ha fatti scomparire, fuggire a tutti gli sguardi, anche al mio. Troppa neve a affogato i ricordi e la venerazione che provavo, il ricordo verso alcune persone si è affievolito, si è quasi spento. queste candele fanno poca luce, e la grande stanza del trono è troppo buia. Mi sento solo, mi sento abbandonato anche da me stesso, troppo preso a cacciare e correre nei bianchi boschi. Sconfitto il Basilisco, catturato e imprigionato non resiste più nulla alla paura, non c'è più niente a scatenare le lacrime, niente di scoraggiante. Solo l'insana voglia di vite parallele e alternative, vite vissute nelle dimensioni aggiuntive che questo universo interiore quantistico potrà rivelarci/mi. Non ho più paura se non che queste flebili candele si possano spegnere. Non temo il buio ma la solitudine, la leggera fredda solitudine.
HO usato la tua mappa, Astrial, l'ho usata per cercare qualcosa che non mi appartiene più e infine ho desistito. Non troverò mai più le rovine di Tindora, non troverò mai più quello che mi è appartenuto e che adesso giace sprofondato e rovinato nel Nullium.

venerdì 25 luglio 2014

Da Ovest: il settimo dono di Astrial

Voci e sussurri da Ovest. La grande voragine si allarga e inghiotte nuove e antiche terre. La vecchia casa è definitivamente caduta, il Mago ne sarebbe atterrito: lì era tutto il suo passato che adesso si perderà nei ricordi. La città di Flauris, cara al re di Ergon che fu, vede distrutta definitivamente la sua grande torre, che svettava nei cieli più alti, che proclamava la grandezza di una gloria finita con la caduta del suo re. Crollata si dice, rovinosamente caduta a causa delle violente scosse che qui non si percepiscono, che qui non arrivano, per il momento. E' scomparsa la città sacra di Ergon e Tìndora, città rudere, rischia la definitiva distruzione. Voci da Ovest, la terra dove tutto muore, dove tutto si consuma. Neanche il Grande Albero Ermetico adesso può sanare le ferite. Il dono di Astrail stavolta è una mappa per trovare le sacre terre, per fermare la voragine del Nullium e arginare il pericolo che incombe sulle nostre vite. Eliante assapora il gusto della partenza ed io temo la fine di tutto.  

venerdì 18 luglio 2014

Parlare

La verbalizzazione aiuta a chiarire il pensiero, e un pensiero più chiaro facilita l'azione. Ecco perchè ne voglio parlare e parlare.

domenica 13 luglio 2014

Il dubbio: per te

"Di tutte le cose sicure, la più certa è il dubbio." [Bertolt Brecht]

giovedì 3 luglio 2014

Ascolto la neve [che ascolta]

Ci sono giorni (cieli), [persone], che rimpiango, che ricordo, che rinnovo con nostalgia alla mia mente. Eliante mi guarda triste perchè avverte le mie emozioni. La neve (occhi), [parole e legami], a volte sa ascoltare, sa far parlare le emozioni più profonde, composte e scomposte in discorsi frantumati e rimasticati, fragili ma potenti [e la voglia di sdraiarsi è molta]. La neve a volte, sa coccolare col suo bianco bianco, (leggero), [ascolto] le sensazioni più irruente e forti, le sa ascoltare prendere e rinforzare e custodire (i silenzi diventano anche parole dette e ridette per non soffocare ma per accogliere). Ci sono giorni (cieli) [persone] dove tutto si accatasta, terribile e soffocano le parole, muoiono le impressioni, e le circostanze che, strane, ci hanno condotto in quelle terre (legami), [terribilis est locus iste]. Eliante mi guarda e non capisce fino in fondo (la diversità accettata è l'inizio del legame) perchè per lui parlare spesso è superfluo, verbalizzare inutile, raccontare privo di senso [la diversità è la più difficile differenza da capire]. C'è stata una neve che ha saputo domarmi, che ha saputo toccare l'intimità delle mie parole. C'è stata una neve che mi ha soffocato, affogato, costretto, rinnegato (la lontananza si crea in un attimo e si colma con difficoltà). La stessa neve che ha imparato tutto di me, ogni cosa, ogni piccolo particolare senza mai capire davvero che cosa si celasse dietro le forme, dietro le sagome imbiancate e irrigidite [che cosa si cela oltre? gli sciocchi sono lontani dal capirlo]. C'è stata una neve che mi ha abbracciato senza mai freddarmi, senza mai spezzare il suono delle idee, lieve e fragilissimo [musica nei boschi]. C'è stata una neve che ho rifiutato, che ho calpestato, che ho ammucchiato nei cigli delle mie strade per farmi spazio, per rinfrancarmi, per essere libero (ribellarsi è sintomo di rispetto verso se stessi). C'è una neve che ho cercato, che ho voluto per riposare, per piangere, per sorridere e rinverdire il presente legato a quello che è stato e che potrà essere [nostalgico terribile passato].Oggi è un giorno triste, fatto di montagne di neve [parole] che non hanno saputo che spezzare, imbrigliare, catalogare e rompere le mie emozioni. Freddo, fredda, freddi.

giovedì 26 giugno 2014

Settimo passaggio: la riva del lago.

"Sapevo che saresti tornato, giovane re. Il mio palazzo nero e i miei boschi sull'altra sponda del grande fiume hanno atteso silenziosi la tua disfatta e la tua rinascita, nuova fenice in terre antiche. Non avresti potuto e niente avrebbe resistito. Siamo inscindibili, come la fiamma e il tizzone, l'acqua e la sorgente e un addio pronunciato da parole umane non basta a rompere la forza dei legami. Ma ci sono delle novità, che dovrai accettare, che dovrai condividere con me e con le quali interagire. Ero io quello più schivo, misterioso, sfuggente. Adesso sei fuggito tu e sei tornato nuovo e rinsavito, impaurito ma anche temerario, pronto ad andare oltre. E "quest'oltre" sembra giunto, sembra improvvisamente piombato sulle nostre immaginifiche fronti. Siediti sulla riva del lago e ascoltami: sta succedendo qualcosa di nuovo."

domenica 22 giugno 2014

Simboli: il cinque

La pentade è quintessenziale, perché conduce la terrestrità del quattro verso un nuovo orizzonte spirituale. Il quinto ha in sé la dualità del dao e degli opposti, e si diversifica dagli altri quattro come il pollice in una mano, opponibile e complementare o come la testa nell'uomo vitruviano paragonato ad un pentacolo, con una punta più corta.. 
Nell'induismo Shiva è associato, con i suoi 5 volti, a questo numero , riferito anche agli elementi cinesi. Sono cinque i solidi platonici, i sensi, e le virtù nel buddismo. 
Il cinque è un numero complesso in termini energetico spirituali. E' dinamico e astratto, portatore di movimento e di misteriosità. Afferrarlo nella sua complessità non è un compito semplice perchè sfugge e scompare, tendendo a tornare un quattro.

Il secondo giorno d'estate

Tutto si sdoppia nel secondo. Le contraddizioni emergono oggi perchè ieri era soltanto il primo e domani la complessità del trino ci travolgerà e non saremo più in grado di ritornare alla dualità perfetta, alla dicotomia precisa e indifferente. Sono tornato, dopo aver abbandonato le festività di maggio, dopo aver lasciato Eliante nel suo oscuro palazzo, sono tornato. Ho trovato cose nuove, ho amato luoghi nuovi, ho rinvenuto pezzi del mio passato che avevo dimenticato. Ed Astrial mi ha concesso ancora di essere re, di essere signore e padrone. tutto si muove verso il tre, la complessità perfetta che condurrà allo ctonio, alla tetrade terrena. E' il secondo giorno d'estate e la neve cade copiosa sulle mie mani.

domenica 15 giugno 2014

Neve e pane: grazie

"Sotto la neve  pane, sotto la pioggia fame". A volte le parole più semplici sono quelle a cui si da più ascolto. A volte le emozioni più immediate sono quelle che più ci colpiscono. Ho cercato complessità indicibili, per dimostrare al mio ego che anch'io ero così. Oggi mi chiedo se le emozioni, le parole, i pensieri, i proverbi più semplici non siano la strada per una tranquillità maggiore. ho voglia di dare ascolto a qualcosa che non sia difficile, intricato e com
pesso. Ed è subito sera. Grazie.

giovedì 12 giugno 2014

Il fuoco bagnato: alchimie

Gli alchimisti lavorano col fuoco. Il fuoco è alla base della loro arte, eppure costituisce uno dei più impenetrabili misteri alchemici. Gli alchimisti tutti riferiscono di un fuoco segreto, un fuoco diverso dagli altri due tipi, un fuoco che non brucia, freddo, addirittura ‘bagnato’, un fuoco che “ per dare un’idea della sua forma (cit Fulcanelli) ha più l’aspetto d’un acqua che d’una fiamma”. È questo un gran segreto tanto teorico quanto operativo dell’alchimia.
In tutto i possibili fuochi sono due o tre. Uno comune, il secondo somigliante all’energia atomica, il terzo misterioso. L'alchimista Pernety (nel XVIII secolo) scrive:
“Conosciamo tre specie di fuoco: il celeste; il fuoco delle nostre cucine, ed il fuoco centrale. Il primo è purissimo, semplice e non bruciante da per se stesso. Il secondo è impuro, denso e bruciante; il fuoco centrale è puro in sé, ma commisto e temperato.. il primo è creatore e brilla senza bruciare; il secondo è distruttivo e brucia emettendo luce invece di generare; il terzo genera e talvolta rischiara senza bruciare, ma brucia, tal’altra senza rischiarare. Il fuoco celeste ha per sua sfera la regione Eterea, donde s’irradia sino a noi. Il fuoco elementare ha la sua dimora sulla superficie terrestre e nella nostra atmosfera; il fuoco centrale è allogato nel centro della materia.”Con i due fuochi elementare e centrale non si arriva alla realizzazione della grande opera. Essi sono necessari ma non bastano. Cuociono la materia prima, ma per portare a compimento il tutto c’è bisogno di questo misterioso fuoco celeste, che tutto sembra essere tranne che un fuoco. In particolare è l’ultima fare (la rubedo) che necessita di questa scintilla vivificante, che “suscita ed esalta la materia in una nuova genesi microcosmica”. Un altro alchimista scrive: “l’uno è violento e corrosivo, l’altro è leggero benigno, naturale incluso aereo, vaporoso, circolante, temperato,nutriente, vivificante…” Fulcanelli dice di aver perso 20 anni a cercare il segreto di questo fuoco e riferisce “è lo spirito racchiuso nelle cose, il raggio igneo, imperituro, chiuso nel fondo della sostanza oscura, informe e frigida. Stiamo qui giungendo nel più alto segreto dell’Opera.”

domenica 8 giugno 2014

Alice nel Paese delle Meraviglie: personaggi

Il Leprotto Bisestile ('compagno di merende' del Cappellaio) è una errata traduzione disneyana dall'inglese di March Hare, leprotto marzolino. In Inghilterra si usava dire - e si usa ancora - Mad as a march hare (matto come è matta una lepre a marzo), alludendo con questo alle scatenate capriole delle lepri maschio durante il periodo del calore, di solito nel mese di marzo, appunto. Ancora. Il sorridentissimo Stregatto che, nel romando, è chiamato Cheshire cat (gatto del Cheshire) trova la sua origine nel modo di dire Sorridere come un gatto del Cheshire, molto comune ai tempi dell'autore. L'immagine del gatto del Cheshire che sorride è legata probabilmente all'usanza esistente un tempo in tale regione, di fare una forma di formaggio che aveva la forma di un gatto sorridente. Infine: "La tossicità del mercurio è nota sin dall'antichità: i Romani erano infatti a conoscenza dei sintomi nervosi dell'esposizione all'elemento. Nell'età moderna, la tossicità del mercurio ed i suoi effetti nocivi sulla salute della mente si fecero palesi in particolare nell'Inghilterra dell'Ottocento, quando disordini mentali si diffusero tra i produttori di cappelli, che utilizzavano grandi quantità dell'elemento per lavorare il feltro. La diffusione di tali sintomi ispirarono con tutta probabilità lo scrittore e matematico Lewis Carrol nell'ideazione della figura del Cappellaio Matto, resa celebre dal romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie."
Se un giorno impazzirò saprete perchè.

Au

Il simbolo chimico dell’oro deriva dalle iniziali della parola latina con cui lo si identificava (Aurum). Si liquefa a 1064° ed evapora 3080°. Insieme al rame è l’unico metallo ad avere un colore. La sua elevata malleabilità permette di farne sfoglie dello spessore di 0,0001 mm (un grammo ogni 0,4m2). Non si corrompe agli agenti atmosferici, all’acqua e con gli acidi. Fino ad oggi sono state ricavare circa 80 mila tonnellate d’oro, di cui 60 mila solo nel ventesimo secolo. Una parte non trascurabile si nasconde in denti finti e otturazioni (pratica in uso sin dagli etruschi).Quesito di Archimede: come si può sapere con esattezza se un oggetto è d’oro o semplicemente placcato oro, senza rovinarlo (tipo fonderlo, graffiarlo, saggiarlo ecc ecc)?

venerdì 6 giugno 2014

L'Albero e l'Impiccato

Crescono i rami dell'Albero Ermetico dell'Esistenza, si protendono innaturalmente verso il cielo e verso la terra, ctonio e uranico, dono inaspettato di Astrial, conquista dei più deboli e degli ignornati. Cresce luminoso e scarno, maschio e femmina, ricco e povero, potente e incredibilmente fragile. E l'Appeso compare risoluto e ironico, disinteressato, dimentico di sé, generoso ideale inconcreto e incapace di realizzare.  Si sacrifica, (autosacrificio eroico), espia e si martirizza. Conserva geloso segreti che a lui sono stati custoditi. Con l'Albero è un tutt'uno, una unità forte e indissolubile, una sinergia fatta di morte e rinascita, rigida nelle stagioni, flessibile nelle volontà e nella conoscenza. Seduto la sua potenza  pervade e fa vibrare ogni cosa.

giovedì 5 giugno 2014

Androginia primordiale: l'Adam Qadmon, il Rebis e l'Albero Sephirotico

Tutti temi enormi, tutte questioni importanti e complesse. Eppure la transessualità divina, l'androginia del dio, dell'uomo e del dio-uomo ricorrono e si rincorrono, come a reclutare alla mente forze occulte, a rievocare antichi concetti e pensieri, vecchie immagini della natura dimenticate dalla scienza e dalla scientificità moderna.
E così la 'doppia cosa' diventa il piccolo rebis bicefalo del maestro alchimista; e il mondo cabalistico protegge l'archetipo junghiano dell'Adam Qadmon, inconfessabile prototipo della bisessualità e dell'androgina, dell'animus/anima, della bipolarita indistinguibile e indissolubile; della dicotomia e del 'due', insuperabile se non in Keter, corona inaccessibile e inconoscibile, luce inprescrutabile, origine del pensiero e del moto cosmico. L'albero, potente mitologema in tutte le civiltà protostoriche e talvolta preistoriche. Le Sephirot a destra femminili e a sinistra maschili, si congiungono in Thipheret, Yesod, Malckut a ricordare che solo la coniuctio oppositorum può davvero sortire qualcosa di bellomisericordioso e a fondamento della creazione. 
"Dio creò l'uomo a sua immagine...maschio e femmina li (lo) creò" (Gn 1:27) Bisessualità che non è ermafroditismo fisico ma androginia spirituale (primordiale). 

domenica 18 maggio 2014

Chimera

Già gli antichi ritenevano che la chimera fosse un essere impossibile nella forma e nella composizione. Per questo ancora oggi si ritiene che un'idea o qualcosa di irrealizzabile inesistente, assurdo o utopico sia soltanto una chimera. Bellerofonte per ucciderla, aveva chiesto aiuto a Poseidone che gli aveva fornito il cavallo alato Pegaso, schizzato letteralmente fuori dal collo del mostro  Medusa, nel momento in cui Perseo l'aveva decapitata. 

Compresenze

Sono fuggito, oltre i Boschi Ottenebrati, oltre gli Alberi di Pietra, il castello sul Lago, il Faro, i Giardini Officinali e ancora oltre. Ho attraversato magnifici luoghi, molto più belli delle mie terre e mi sono infine perduto. Il Grande Mago l'aveva predetto, su di se ed era successo, fino alla sua scomparsa. Il Re delle nuove terre nella seconda Era, aveva tentato la fondazione di città importanti e imponenti, a saldare un'alleanza con il cielo e con la terra, ed anche lui, infine fu distrutto dal suo stesso peso. Come potevo sperare, io, discendente diretto, erede di tutto, come potevo sperare una sorte migliore? Forse le mie speranze erano in M. e in Eliante ma entrambi sono malati, sono perduti nelle loro memorie, nei loro assoluti pensieri ed io mi sono sentito solo, solo, perchè qualcuno è morto, morto davvero, e mi ha lasciato così, con qualche pietra in mano, con alcune speranze irrealizzabili, con forze centrifughe e centripete in costante controversia, con un paio di ali tagliate e inutilizzabili. 
c'è una lacrima sulle mie pagine, una sola grande lacrima perchè vivo la tristezza della mia complicatezza, la disperazione dell'ìnassoluta mancanza di senso. Mi sono perduto e sono disperato. Perdo ogni riferimento, il mio Palazzo, le mie amicizie, i miei amori e tutto si dissolve, si frantuma e disperde nella sofferenza. Vorrei qualcuno che mi sapesse capire, che sapesse ascoltare le trame dei miei pensieri, che non sono semplici neppure a chi li genera, neppure al pensante. Si dissolve l'unità ed emerge il due, fonte di contraddizione e il tre, parto prematuro di qualcosa di ancora non risolto. Non si risolvono i contrapposti, ci sono e basta, nella loro miserevole e cruda realtà. Non si abbattono le antitesi in sintesi di comodo, non per me, non per l'erede. Non scompaiono le dicotomie che emergono, in formule di soluzione...soffro la loro compresenza.

venerdì 16 maggio 2014

Simboli: l'intrigo, la tessitura, l'astuzia e le donne

Mentre tessitura ed astuzia sembrano procedere in parallelo all'interno dell'universo dei miti, ad esse pare inequivocabilmente legato il femmineo. La tessitura è un'arte paziente e appartiene alle donne ed Atena ne è signora oltre ad essere anche la dea dell'intelligenza. Penelope non si separa dall'astuzia del suo telaio rinviando le risposte alle domande di matrimonio dei suoi pretendenti; Aracne è tanto brava nel tessere gli amori degli dei che verrà punita per questa arroganza; il filo di Arianna infine, è emblema di questa capacità suprema, è simbolo di come si possa affrontare veri e propri labirinti (della vita e della mente) con una trama, un filo, una tessitura. In tutto questo il mito sembra suggerire  come  le donne possiedano per natura  una capacità di conduzione superiore a quella degli uomini, e come dietro ogni evento si possa ritrovare una tela tessuta ad arte che si dirama  e che  si intreccia agli eventi e agli uomini.
La tessitura è immagine del mistero dell'esistenza e in tutti i miti ha origini divine. E' simbolo dell'intreccio del tempo e dello spazio, del visibile  e dell'invisibile. Cloto Lachesi e atropo sono 'le tessitrici' e decidono la durata della vita degli uomini. La tessitura è generare qualcosa, un dialogo segreto, e in questo il legame diventa stretto anche con il linguaggio. Come un tessuto, il linguaggio è l'intreccio di parole. Per il popolo Dogon tessere equivale a produrre un 'linguaggio segreto', ed essere nudi è 'rimanere senza  parole'.  

giovedì 15 maggio 2014

Tutto sprofonda

E infine tutto sprofonda nel silenzio e nella sofferenza. Perchè anche la sofferenza è una tristezza da accettare, uno stato dell'io che permette di comprendere appieno tutte le altre emozioni, compresa la gioia che adesso svanisce leggera... Non è da fuggire, non è da schivare, è da prendere e vivere, così come si presenta, con le intercapedini scricchiolanti, le crepe sui muri appena imbiancati dove cresce l'erba e si fa spazio con le proprie radici. Musiche lontane a rasserenare il cuore, parole, parole, parole a rinverdire i prati di Asfodeli, a rinfoltire la memoria di tristi e forti ricordi. Ci sono cose che non si possono dimenticare, che non si possono lasciare scivolare perché qualcosa dentro noi le lega assieme, in fascine strette, come quelle che faceva mio nonno, come quelle che si accatastavano nei campi, d'autunno. Ci sono cose che rimangono per sempre anche se fanno male, e bene insieme [tertium datur], cose che non vorresti aver vissuto, cose che andrebbero abbandonate, zavorre della coscienza. Sì tutto sprofonda in una terra impastata di tristi e allegri pensieri, di sorrisi e smorfie a ricordarci che il mondo non è solo nostro e che le nostre vite a volte possono non appartenerci come vorremmo. Ci sono cose che vanno accettate e portate nel cuore, in silenzio, con profonda venerazione, con lacrime cristallizzate. Uova di pietra sono state deposte perchè nulla possano fruttare ma perchè la natività di qualcosa di sperato possa rimanere ab aeterno, nella memoria e nell'immaginazione, passato e futuro assieme che si fondono in un eterno presente. E si ritorna a quello che è stato, che vorremmo che fosse e che infine è, a quello che vorremmo, che non abbiamo voluto e che ora accettiamo. Tutto sprofonda.

giovedì 8 maggio 2014

Riflessi: la spedizione degli Argonauti, necessità e volontà

Colpisce il mito, perché al di là delle sue illineari narrazioni, dei suoi contenuti storici o favolistici, dei suoi eroici o perfidi personaggi; al di là di tutto questo, conduce l'uomo nei suoi semplici processi mentali e psichici, nei suoi movimenti  interiori, rendendoli visibili e neutri, chiari e leggibili. Così la grande spedizione degli Argonauti, che Giasone subisce in un qualche modo, che ha origini lontane, nel tempo, nelle generazioni, nell'odio e nell'amore, nel dono e nella privazione forzata. Da un ripudio (giusto o ingiusto che fosse, questo solo Atamante può saperlo oppure Era), da un dono per amore o per ripicca (questo forse anche Ermes potrebbe dircelo), da una necessità di riavere quello che ci spetta. Così Giasone, grande condottiero della propria vita, affronta mostri che non avrebbe cercato, che non avrebbe voluto ma che deve superare. E cerca un tesoro che qualcuno ha nascosto, che non vorrebbe cercare, che non desidererebbe possedere, ma che si rende necessario per avere quello che di diritto infine gli appartiene. Strani i miti, strane le spedizioni lontano da casa. Perché ci ricordano che l'azione e la reazione si legano non solo sincronicamente, non solo nel tempo presente (senza avere nulla a che fare con ciò che è stato); ci ricordano altresì che  tutto si intreccia diacronicamente, in un tempo dilatato e allungato per secoli e generazioni, dove le scelte di uno condizionano e influenzano senza tregua o pietà, talvolta, le scelte di altri (questo chiunque può dircelo). "Le buone parole mettono radici, crescono e tornano a benedirti" anche nelle generazioni e nei secoli. 

domenica 4 maggio 2014

Apollineo Fiore: i festeggiamenti di Maggio

Le bufere sono arrivate dalle terre di Astralia. Cumuli di neve, e tutto si copre di bianco, bianco, bianco. E lui, apollineo fiore, si è unito ai festeggiamenti di maggio, incombente e risolutivo. Leggero, calmo, guarito dalla follia che lo aveva pervaso, dalla malattia che sembrava volesse consumarlo. E' un miracolo, un prodigio divino, una forza inesauribile. L'ho accolto al Palazzo delle Stagioni, come si addice ad un re, ad un amico importante, ad un fragile ospite. Maggio porterà qualcosa che non sappiamo, che non conosciamo ancora, che non immaginiamo e che non possiamo sperare di ricordare perchè mai ci è appartenuto. Tutto non appare scomposto ma l'instabilità si presenta ad ogni fessura che le pareti rivelano, pieghe e o piaghe nelle nostre menti, nelle nostre fantasie, nelle condutture che ci fanno percorrere strade di pensieri sempre uguali, sempre solite, sempre senza fine. Sono felice di averlo qui, sono felice di poter festeggiare la fragilità di ognuno fra queste mura, ad Ovest del grande fiume  nelle terre dei morti. Perchè ad Est ho paura, temo l'oscurità e l'assenza di neve che congela ogni afflato di vita e lui non verrà a proteggermi. 
Tutto si ricolora, si rinverdisce rimanendo bianco, sotto manti possenti di neve. Ogni colore vanta sfumature nuove, le celebra e le rinfresca pur rimanendo coperto; pur non avendo l'audacia di scoprirsi. Bentornato maggio.

giovedì 24 aprile 2014

Alle porte di maggio. la malattia di Eliante

Con maggio alle porte, Eliante sembra caduto in un'apatia  e in una sofferenza che non ha tregua né consolazioni. Si ammalerà, come un tempo successe ad M. col confronto con l'Alchimista. La verità distrugge le illusioni, i rivela i vuoti riempiti ad arte e che abbiamo pensato e voluto e desiderato. La necessità di rispettare i propri desideri ci uccide davanti a quello che abbiamo costruito per ingannarli. La neve fredda e chiara ha oltrepassato il grande fiume e ha raggiunto oramai le nere terre riflettendo la luce in poliversi spazi e onde. La neve sovrasta le nostre intenzioni e illumina gli anfratti nascosti e le intercapedini delle nostre paure. Starò con lui per preparare le festività di maggio, tanto sentite in queste terre; lo condurrò al Palazzo delle Stagioni, un luogo più sicuro e gioioso, lasciando le oscure terre senza padrone, senza re, senza guida. Ricordo M. quando chiuso nel suo faro attendeva il ritorno del Mago o del Leogrifo. Ricordo M. ai Rifugi Oscuri, ammalato e distrutto. 
Ora maggio è alle porte e tutto dovrà essere pronto. Bufere oltre l'orizzonte di Astralia, si preparano ad invadere le mie terre. Perchè non amiamo i cieli sereni, non vogliano e non bramiamo la quiete. L'ordine e la calma sono frutto di troppa scienza e intelletto. Il movimento e l'agitazione rivelano invece la presenza dell'instancabile desiderio di ricerca e di vita che pervade ogni cosa. 

martedì 22 aprile 2014

Sesto dono di Astrial: il bracciale di luce

I boschi neri oltre il castello di Eliante, hanno chiuso il mio sguardo per giorni,  per mesi su se stesso. Capovolto in universi diversi e richiusi in loro stessi. Mondi arrotolati come dimensioni alterne, diverse e inverse, dove la paura e la gioia, si mischiano al dolore e alla tristezza e la quaternità ritorna all'uno primordiale, ancestrale e primigenio. Nero più nero del nero, dicevano i maestri antichi. La notte ne sussurra la potenza, il giorno ne teme la forza: l'oscurità nera si addensa quando l'anima e l'animo si uniscono nelle nozze alchemiche. Il bracciale, comparso d'improvviso come ogni dono di Astrial, ha riaperto i sentieri, ha risvolto le storie della mia mente, le ha risolte e avvolte di parole, ancora. Il bracciale colma la misura, decanta le polveri annebbianti, e tracima infine per rigare ciò che tutto contiene. Ho ripreso il sentiero.  
Il bracciale di luce: sesto dono. 

lunedì 21 aprile 2014

Io e la luna

Esisto io e le sue emanazioni tutte sincroniche e diacroniche.
[Omaggio alla nuova luna calante]

mercoledì 16 aprile 2014

Mitologema e archetipo della tetrade e del tetramorfo

Jung pone particolare attenzione al mitologema della quaternità, sottolineando come anche ogni orientamento psichico necessiti di quattro aspetti psicologici. Il primo stabilisce che qualcosa è. Il secondo che cosa è. Il terzo se esso conviene o no, se lo si vuole accettare. Il quarto dove esso va e da dove viene. 
Il mitologema della quaternità è riscontrabile nell'orientamento spaziale (punti cardinali) ma anche in molte manifestazioni attinenti alla religione (un esempio per tutti, i vangeli ricollegabili alla 'quadrimorfia' del Salvatore) e si contrappone alla triade (puramente artificiale) attinente a Dio stesso (eccesso di teologia scolastica) perchè spontanea e immediata sotto molteplici manifestazioni. Colpisce l'insistenza dello psicanalista sul numero quattro. Accusato a più riprese di fanatismi misticheggianti, Jung è come ossessionato dalla presenza del quattro che ritrova e scorge anche in molte esperienze oniriche di molti suoi suoi pazienti, da lui accuratamente raccolte e descritte. 

"La quaternità è un archetipo che appare, per così dire universalmente. Essa è la premessa logica per ogni giudizio di totalità" [C.G. Jung Psicologia e religione, ed Bollati Boringhieri, pag 160]

Realtà psichica e realtà quotidiana si confrontano ordinariamanete con la tretraksis conscia e inconscia, manifesta o latente. La cultura stessa produce archetipi partendo dal mitologema potente della quaternità, sviluppandoli in ogni contesto umano.
Tetramorfo è il due nel due, il doppio del doppio, la contrapposizione nei contrapposti, che diventa complessa completezza, antinomia negli antipodi. Si sdoppia ciò che è già due, e si manifesta il quattro. Quattro gli elementi antichi per classificare la totalità, i quadranti del cerchio, le stagioni e moltissimo altro. Ci sfugge la potenza della tetrade semplicemente perchè siamo troppo abituati a viverla inconsciamente e non a prenderne piena percezione. Ci stupisce e ci sdubbia la sua portata laddove al suo posto tendiamo a ritrovare banali coincidenze.

domenica 13 aprile 2014

PHI, la matematica irrazionale

1,618033 9887498 9484820 4586834 3656381 1772030 9179805 7628621 3544862 2705260 4628189 0244970 7207204 1893911 3748475 4088075 3868917 5212663 3862223 5369317 9318006 0766726 3544333 8908659 5939582 9056383 2266131 9928290 2678806 7520876 6892501 7116962 0703222 1043216 2695486 2629631 3614438 1497587 0122034 0805887 9544547 4924618 5695364 8644492 4104432 0771344 9470495 6584678 8509874 3394422 1254487 7066478 0915884 6074998 8712400 7652170 5751797 8834166 2562494 0758906 9704000 2812104 2762177 1117778 0531531 7141011 7046665 9914669 7987317 6135600 6708748 0710131 7952368 9427521 9484353 0567830 0228785 6997829 7783478 4587822 8911097 6250030 2696156 1700250 4643382 4377648 6102838 3126833 0372429 2675263 1165339 2473167 1112115 8818638 5133162 0384005 2221657 9128667 5294654 9068113 1715993 4323597 3494985 0904094 7621322 2981017 2610705 9611645 6299098 1629055 5208524 7903524 0602017 2799747 1753427 7759277 8625619 4320827 5051312 1815628 5512224 8093947 1234145 1702237 3580577 2786160 0868838 2952304 5926478 7801788 9921990 2707769 0389532 1968198 6151437 8031499 7411069 2608867 4296226 7575605 2317277 7520353 6139362.

Il silenzio

Il silenzio è fatto di stelle, è fatto di nuvole, è fatto di pensieri che non hanno parole, di luce che non hanno occhi per essere ascoltate. Il silenzio è denso e pesante o leggero e evanescente. Il silenzio è imperatore del tempo, del suo scorrere, del suo divenire. Silenzio.

venerdì 11 aprile 2014

Il trino sacro preolimpico: il tre e dio

Quando ancora Dio rientrava nel femmineo strettamente connesso alle tre fasi lunari, la trinità si manifestava ampiamente nelle divinità e semidivinità preolimpiche. Testimonianza della presenza del trino anche prima del cristianesimo, e dell'avvento della mascolinizzazione del sacro a svantaggio della femminilità onnipresente in natura.  
Luna Calante, Luna crescente, Luna Piena. Alle triadi femminili preolimpiche appartengono le Moire (Cloto, Lachesi e Atropo) le Graie, le Erinni, le Arpie, le Gorgoni e le Esperidi nel giardino delle quali era custodito l'albero dai pomi d'oro.
Tre è Dio, per chi lo conosce profondamente e arcaicamente, e tre sono le sue più potenti manifestazioni. Il richiamo al Grande Volto dell'Albero Sephirotico è chiaro ed evidente.

giovedì 10 aprile 2014

Il castello nero di Eliante

Nessuno, nessuno, non c'è nessuno. Nel buio delle stanze vuote e senza mai troppo calore il mio sguardo si perde e si confonde nell'assenza. Mi manca qualcosa e divento inquieto e insoddisfatto. Eliante siede silenzioso oltre il largo ingresso, oltre la scala, oltre se stesso e me che lo cerco e chiedo spiegazioni. Nessuna parola, nessun sorriso, nessun giaciglio per piangere la disperazione del nulla. Le terre notturne nell'uomo nero ospitano un castello scuro come la sua anima. Inospitale, vuoto, a tratti freddo e pauroso. Ecco, sì, ho paura, un'emozione che si tramuta in follia, in rabbia, in angoscia e in mille altri colori notturni. Le mie emozioni gli sono estranee e infondate. 

venerdì 4 aprile 2014

La scomparsa di M.

Infine nessuno è tornato a rivendicare il suo nome, a dare sostanza all'impercettibile .Infine nessuno ha saputo impersonare l'ombra di qualcosa che non è più... E lentamente muore, manca di forma e di sostanza, e di verità quello che nessuno può più nominare. M. rimane una sigla di qualcosa che è appartenuto a queste terre, ad un mago, un alchimista perduto nelle nebbie dei tempi.
In processione oltre le porte di Astralia, io ed Eliante oramai unici eredi di qualcosa che ci è sempre appartenuto, ci rammentiamo che non è stato solo un sogno, che non è stato soltanto neve. La neve inneva, copre le orme, dissacra ogni pensiero silente. M. è scomparso, assorbito dalla notte delle terre del Principe Nero, disincantato come me più di prima, estratto dalle sue grotte, privato del valore e dell'audacia del suo faro, curato e infine ucciso dagli stessi rimedi. Oggi non ricorda più, non parla più, non rammenta più il suo mago, anch'esso dissoltosi ere addietro, a lasciare immensi universi vuoti e soli.  Non sapremo più davvero che cosa ci avrebbe narrato, che cosa avrebbe ricordato, che cosa avrebbe potuto dirci; eppure Eliante sembra distrattamente disinteressarsene e io lo guardo attonito e impietrito. Mi terrorizza la sua fermezza, la sua voglia di andare oltre, di perdurare nella vita, nella notte. Lo guardo e lo ammiro come un nuovo re. Mi sta spodestando ed io lascio che così sia perché la naturalezza con cui tutto avviene mi ricorda che non posso ostacolare il flusso delle cose, il lento e naturale scorrere degli eventi. Addio M., ti sei eclissato senza che io davvero poterti dirti addio. Il Palazzo delle Stagioni sentirà la tua mancanza. 

domenica 30 marzo 2014

Sesto passaggio


Sono trascorsi mesi e 'passare' oggi, non è altro che scivolare in salita. Sesto, difficile passaggio.

Il prato di asfodeli

Chi non ha operato con decisione il volere degli dei, né è andato loro in piena opposizione, vive un prato di fiori, scettri del re, la prateria degli Asfodeli (Asphodelos, da a= non, sphodos= cenere, elos= valle, ovvero valle di ciò che non è stato ridotto in cenere, ossia l'ombra dell'eroe dopo la cremazione). Né bene, né male, in un universo dove anche gli dei e gli eroi combattono con l'oltretomba.
Colpisce l'assoluta assenza del giudizio divino, tanto caro al mondo giudaico cristiano. La mancanza di una dannazione chiara ed esemplare, di un possibile riscatto (parimenti al purgatorio), di una possibilità ulteriore (escatologia della resurrezione). L'oltretomba dopo lo Stige e il palazzo di Ade e Persefone, ci appare come  una tripartizione immediata e in se stessa radicata (radix ipsium) in cui i morti non possono sperare oltre. Quando l'ultima Parca avrà tagliato il filo tessuto e misurato dalle sue sorelle, Caronte  traghetterà e condurrà  il defunto alla sua naturale destinazione.
Risparmiati dal bestiame al pascolo perché irti,  pungenti e  ispidi, gli asfodeli  tendono ad infestare i campi e sono generalmente tipici di zone prive di copertura arborea e di sufficiente strato di terreno. Richiamano la povertà anche in relazione all'usanza presso gli antichi greci di usarli come nutrimento in tempi di carestia; e poiché anche ai morti era necessario il cibo, l'asfodelo veniva piantato sulle loro tombe.  Rimasto nell'immaginario popolare come un pianta funerea, i campi di asfodeli furono considerati soggiorno dei trapassati.
Voglio cominciare da questa suggestione, da questa sospensione eterna, un limbo in cui tutto aleggia e rimane povero e misero, depauperato di un nome o di un significato; un luogo intermedio ai tre che innaturalmente  non spinge verso una bipolarizzazione ma crea una terza possibile via, tanto terribilis quanto le altre due. Ai Campi Elisi e al Tartaro esiste una terza strada.

sabato 29 marzo 2014

Simboli: la triade

Naturale espressione e propagazione della diade, il terzo raccoglie gli opposti e li sviluppa riconducendoli all'unità. Col terzo filo si fa una treccia, e la terza gamba rende stabile uno sgabello; il terzo punto definisce la prima superficie, il triangolo, che soggiace a tutte le forme sensibili, perchè simbolo di ognuno dei quattro elementi antichi. Unito all'opposto di se stesso, il triangolo equilatero, compone il sigillo salomonico, riassunto di ogni filosofia ermetica. Tre i tempi storici, i processi di vita, nascita-vita-morte, creazione-trasforamzione-distruzione, esemplificati nell'induismo dalla triade Shiva-Brahma-Visnù. Trina è la divinità cristiana e tre sono le fasi alchemiche principali. Tre sono lo il mercurio lo zolfo e il sale. Tre le dimensioni percepite dall'uomo, le parti dell'atomo, le famiglie di quark, i colori primari, i tasselli regolari, le virtù rivoluzionarie e quelle teologali. Tre le grazie, le furie e le parche del mondo antico.
Il tre è un numero profondo, occulto, che informa la realtà delle proprietà percepibili ma che si mantiene invisibile e solo nel quattro si manifesta. E' dimanico, dopo la staticità del due, e riprende lo sviluppo dell'uno conducendolo nello ctonio. Il tre infine èmanifestazione di un equilibrio dinamico, evolutivo, trascendente e impercettibile. Dinamico evolversi in un dinamico equilibrio.

Il prato di asfodeli

Chi non ha operato con decisione il volere degli dei, né è andato loro in piena opposizione, vive un prato di fiori, scettri del re, la prateria degli Asfodeli (Asphodelos, da a= non, sphodos= cenere, elos= valle, ovvero valle di ciò che non è stato ridotto in cenere, ossia l'ombra dell'eroe dopo la cremazione). Né bene, né male, in un universo dove anche gli dei e gli eroi combattono con l'oltretomba.
Colpisce l'assoluta assenza del giudizio divino, tanto caro al mondo giudaico cristiano. La mancanza di una dannazione chiara ed esemplare, di un possibile riscatto (parimenti al purgatorio), di una possibilità ulteriore (escatologia della resurrezione). L'oltretomba dopo lo Stige e il palazzo di Ade e Persefone, ci appare come  una tripartizione immediata e in se stessa radicata (radix ipsium) in cui i morti non possono sperare oltre. Quando l'ultima Parca avrà tagliato il filo tessuto e misurato dalle sue sorelle, Caronte  traghetterà e condurrà  il defunto alla sua naturale destinazione.
Risparmiati dal bestiame al pascolo perché irti,  pungenti e  ispidi, gli asfodeli  tendono ad infestare i campi e sono generalmente tipici di zone prive di copertura arborea e di sufficiente strato di terreno. Richiamano la povertà anche in relazione all'usanza presso gli antichi greci di usarli come nutrimento in tempi di carestia; e poiché anche ai morti era necessario il cibo, l'asfodelo veniva piantato sulle loro tombe.  Rimasto nell'immaginario popolare come un pianta funerea, i campi di asfodeli furono considerati soggiorno dei trapassati.
Voglio cominciare da questa suggestione, da questa sospensione eterna, un limbo in cui tutto aleggia e rimane povero e misero, depauperato di un nome o di un significato; un luogo intermedio ai tre che innaturalmente  non spinge verso una bipolarizzazione ma crea una terza possibile via, tanto terribilis quanto le altre due. Ai Campi Elisi e al Tartaro esiste una terza strada.

 

Primo sigillo: Udjat


E dopo aver combattuto sotterrò le sue armi vittoriose e sporche. Lì vi appose il sigillo per ricordare, dimenticare e ripartire. Tutto avrebbe avuto un nuovo inizio. 

venerdì 18 ottobre 2013

Entrata, uscita: ritorno

Chi transita da qui non esce più come è entrato...le terre del mago, che un tempo gli appartennero, adesso mi appartengono, adesso mi circondano, adesso mi innevano. Non lascio che qualcuno passi senza cambiare, senza rimanere colpito o turbato. Chi ci riesce non ha veduto davvero quello che succede.

martedì 11 giugno 2013

Potenti re

Sono sempre io, sono sempre lo stesso pensiero nato e cresciuto in una mente iperbolica e surreale,  aliena e paradossale. Sono sempre io, leggero e pesantissimo, frammentato e diviso nelle mie moltiplicanze...sono lo stesso oltre i festeggiamenti di maggio, oltre le asperità, oltre le stelle, i cieli, le andature leggere i colori d'inverno. il Palazzo delle Stagioni ha chiuso le sue vetrate, le festività col mese nuovo sono finite e tutto è tornato alla lettura, sotto la stessa neve, lo stesso identico sole. Eppure in profondità molto è cambiato, strisciato via, decaduto e rinnovato. Molto di ciò che era non è più perchè qualcuno è riuscito a togliergli il colore mantenendo la patina dorata esterna, mantenendo quello che si è sempre sembrati. Ambisco ad un'unità più grande, più alta che sfugge alle mie mani, ai miei stessi  pensieri; un'idea troppo alta perchè io l'afferri. E mi appello ad Astrial, alla Tavola Concava, a tutte le arti che posso possedere per sanare questa disomogeneità. Ambisco a parole più rilassanti di quelle di questi utlimi giorni, parole anche fragili ma meno pesanti. Parole che non tocchino sempre l'anima, che non distruggano cristalli e ceramiche con il loro passare, con il loro incedere, con il loro indugiare. E qui tutto torna alla lettura, al silenzio ed Eliante scivola di nuovo nel buio delle sue terre, appagato di ciò che è stato; M. rimpiange un passato glorioso in cui antichi re si appellavano a più antichi dei per sostenere quello che oggi non ha più colonne, non ha più soffitti, non ha più nome
. Antichi re, potenti e fermi nelle loro decisioni indissolubili, inalienabili, indistruttibili...potenti re. Porto una corona che non mi appartiene più.

martedì 4 giugno 2013

La fine e l'inizio: le festività, la vita e la morte

Dimentico sempre, fra i  mille errori di ortografia, quello che lega la fine all'inizio. Ed ogni cosa infine sarà servita, e tutti i passeggeri o i raminghi di queste terre saranno stati i benvenuti, gli ospiti di una vita. La vita sì, come l'inizio e la fine. Perché è nostra, nostra soltanto e chi adesso l'ha lasciata ha perduto quello che di più grande ha potuto stringere, quello che davvero non dovrebbe toccarci mai di lasciare. M. è ammutolito davanti alla straordinarietà dell'esistenza e mi accusa di leggerezza, di sopraffazione della verità;  e Eliante mi ricorda che le festività di maggio si sono concluse senza che me ne fossi accorto, senza che nulla fosse scivolato chiaramente sotto ai miei occhi; senza che la follia ci abbia assalito veramente, come davvero e tacitamente temevamo, senza che il mondo abbia smesso di ruotare. Eliante vaga nelle sue terre e mi ricorda, senza parlare, quanto sia difficile comunicare quello che si costruisce, quello che si immagina; come il linguaggio sia  difficile da universalizzare....e le parole si caricano di metafore e significati multipli e molteplici a confondere tutto, a disperdere ogni briciolo di sanità relazionale e si finisce per litigare, per discutere....ma in fondo, rispondo io, non si può evitare, la tavola concava raccoglierà ancora le nostre lacrime e le musiche leggere, di queste terre, esisteranno ancora, finchè avremo un'esistenza; e la ferita sarà una cicatrice per un domani diverso e più pieno. Faccio fatica a rimettere tutto insieme; pensiero analogico direi io, scarsità di chiarezze di idee, direbbero altri...Eliante vaga, io penso, M. sta in silenzio. Che destino strano ci attende, che magnifica leggerezza, che pesante pesantezza, che astuta mentalizzazione. 

venerdì 17 maggio 2013

Quinto dono di Astrial: la penna d'oro

Esiste una strada, tracciata secoli fa e perseguita per molto tempo e infine abbandonata. Univa la citta torrita di Flauris alla città perduta, la reggia del re ai sacri palazzi di Ergon, città del potere. Oggi è possibile riprenderla, ripercorrerla, affrontarla. La penna d'oro è di nuovo nelle mie mani.

giovedì 16 maggio 2013

Il labirinto di Eliante

C'è un labirinto nelle terre di Eliante, replica esatta di quello che il Mago eresse per Fenix vicino al suo castello sul lago. Meraviglia di questi luoghi, leggerezza della mente, Eliante me lo mostra, mi invita a percorrerlo, consapevole della mia incapacità, audace e sfrontato, come già lo avevo conosciuto. Lo guardo serio e lui sorride. Mi teme e io temo lui, la sua bizzarria, il suo colore, tanto differente dal mio. Il labirinto mi tenta, mi avvolge già nelle sue spirali, nelle sue morbide, mortali volute. Ho paura sì, lo posso dire, perchè i miei piedi percorrono sentieri che mai avrebbero creduto e tutto diventa come un lungo interminabile crinale, e su entrambi i lati la montagna ripida e pericolosa scende verso valle. Credo che non ci sia perfezione, sì; credo che esista la complessità, sì; credo nella bellezza e nella gioia di goderla; credo nella rabbia di non poter trovare una soluzione logica a tutto. A grandi passi mi avvicino all'entrata e lui sorride, fiero di avermi tentato e indotto nel peccato mortale. Non morirò all'inferno, non io, che non credo nella sua esistenza. La burla e l'inganno stanno qui: le cose appartengono a chi le crede. Sì, ci credo.

Simboli: il labirinto

Il termine labirinto deriva dal greco e fa riferimento ad  una leggendaria costruzione architettonica dell'antichità, il palazzo del re Minosse e Cnosso, caratterizzato da una pianta complicata e artificiosa,  in cui i corridoi e le stanze si susseguivano e si intrecciavano creando un groviglio di spazi capace di far perdere completamente l'orientamento al visitatore.
Il Labirinto originario, quello preistorico e antico, detto unicursale è formato da un'unica via che si intrica, si avvolge, e va verso un Centro. E' una via lunga, faticosa, ma senza biforcazioni, crocicchi o cammini ciechi, incertezze e necessità di scelte; da percorre nel doppio senso di andata e ritorno, e senza pericolo di smarrimento. Questo complesso tracciato si ritrova, allo stato di natura, nei corridoi di accesso ad alcune grotte preistoriche.
Del simbolo del Labirinto sono state date le interpretazioni più varie e disparate in ogni campo, dalla filosofia alla psicologia, dalla psicanalisi alla pittura, dall'architettura alla scultura.
Il primo labirinto di cui si ha notizia nella tradizione occidentale è quello del Minotauro, costruito dall’architetto Dedalo su incarico del re cretese Minosse, e nel quale entrò Teseo per uccidere il mostro.

Il Labirinto ci suggerisce che ci troviamo di fronte ad un processo di iniziazione che, a prezzo di una faticosa esperienza, conduce l'Uomo al Centro, dove esso è solo di fronte alla propria realtà interiore, o alla bestia con cui deve combattere o alla morte, nel silenzio impalpabile che, solo, permette di acquisire la conoscenza di sé.
Tale significanza si conserva anche nell'allegoresi cristiana dell'Alto Medio Evo dove il Labirinto simboleggia, di solito, le prove che il devoto deve affrontare prima di giungere alla Gerusalemme Celeste.
Nella tradizione cabalistica, ripresa anche dagli alchimisti, il Labirinto svolgerebbe una funzione magica e sarebbe uno dei segreti attribuiti a Salomone. E' per questo che il Labirinto delle Cattedrali, costituito da una serie di cerchi concentrici interrotti in alcuni punti in maniera tale da formare una sorta di sentiero inestricabile e bizzarro, sarebbe chiamato "Labirinto di Salomone" (come quello della cattedrale di Lucca).
In alchimia è un'immagine del lavoro intero dell'Opera con le sue difficoltà maggiori e cioé quella della via da seguire per raggiungere il Centro dove avviene il combattimento tra le due Nature dell'Uomo, e dove si raggiunge la conoscenza del sé realizzato nel Rebis.
È soltanto in seguito, dall'età manieristica e barocca, che il labirinto subisce un radicale cambiamento e si aggroviglia, si complica, in una serie di illusioni e ingannevoli camminamenti che non danno più la certezza di arrivare al suo centro e, una volta arrivati, non danno più la sicurezza neanche di raggiungere l'uscita. Diventa allora il luogo della perdizione, dell'errore, del mistero e dell'avventura.
Le vie intricate e tortuose del Labirinto che permettono o impediscono l'accesso appaiono anche un sistema di difesa di ciò che contiene e, quindi, annunciano la presenza al suo interno, di qualcosa di prezioso e di sacro a cui non tutti possono accedere (il proprio io). Solo a pochi è concesso di intuirne l'entrata e le vie da percorrere per arrivare fino in fondo, mentre tutti gli altri saranno impossibilitati a penetrarvi o si smarriranno per strada. Può succedere di essere assaliti da un terribile senso di claustrofobia e contemporaneamente di distacco dal mondo esterno. Soli con la propria coscienza e privi di ogni riferimento, si perde il rapporto Spazio-Tempo e si finisce per smarrirsi, riducendo il mondo interiore ad un caos senza senso possibile. Tale stato di shock determina la frantumazione di una personalità non più desiderata.
Il Labirinto, quindi, è la via che conduce all'interno di se stessi, verso la parte più misteriosa della persona umana, che non può essere raggiunta dalla coscienza se non a seguito di lunghi giri (la spirale) o di una intensa concentrazione, che permetterà di giungere all'Intuizione Finale.
Il Labirinto pone l'uomo di fronte al suo Mistero che, restando inspiegabile razionalmente, deve essere colto o intuito.

lunedì 13 maggio 2013

Tutto converge

Le festività di maggio continuano al Palazzo delle Stagioni, festività riscaldate dal caldo Vento del Sud che solo Eliante poteva  permettere  che attraversasse tutte le terre. E dalla neve al vento, dal vento alle festività. La Tavola, l'Albero, la Corona e il Lapislazzulo ci hanno concesso giorni sereni, hanno portato l'equilibrio dinamico ad una svolta del pendolo; hanno mostrato che la felicità spesso è l'illusione del 'tutto perfetto'. Lasciamo la perfezione, la abbandoniamo, la rinneghiamo, perchè non appartiene a menti sane, a menti propiettate verso la caducità di questo mondo. Siamo quello che siamo e non quello che potremmo essere, questa è la profonda ultima verita Shakesperiana che traghettiamo anche qui, dove ogni cosa e ogni idea può essere. Rinuncio a fare tutto quello che è possibile, dove tutto è possibile, perchè diventi e rimanga specchio di quello che vivo, di quello che annuso, di quello che voglio. Festeggiamenti, il vento caldo, Eliante e M.. Tutto converge verso.

giovedì 9 maggio 2013

Quatro dono di Astrial: la tavola concava

Ci permette di riversare le nostre lacrime, di riunire i rigagnoli delle poche forze rimaste. Ci riunisce, scomposti all'origine, diffranti, apparentemente separati e irrimediabilmente differenti. Ci riunisce nelle nostre essenze, nelle nostre peculiarità distinte, immaginifiche forme. Finalmente
insieme le forze ritornano, ci guardano, ci affrontano. Siamo tre come gli estremi di un triangolo che tutto soggiace, forma primigenia latente alla realtà, moderatrice di verità, filtro di idee, rete di emozioni. Tre.

Addensamenti nel vuoto

Considerando gli immensi spazi vuoti fra gli ammassi di galassie, si stima che la densità media della materia visibile nell'universo sia di un solo atomo per metro cubo.
Siamo grumi in un vuoto cosmico inimmaginabile, addensamenti improbabili in luoghi altrettanto insoliti.

martedì 7 maggio 2013

Primo concilio: il palazzo di Eliante

Eliante ci ha radunato, ci ha chiamato, ha visto la nostra difficoltà. Si apre il primo concilio oltre le terre del Re, al di là del fiume, ad Ovest, nei luoghi dei non vivi. Le stanze del palazzo sono fresche, ombrose, scure e profonde. Eliante siede e guarda. Non ha troppe parole, non ha troppi intricati pensieri. Maggio ha portato questa riunione che solo Astrial sa quanto potrà durare. Si è resa necessaria perchè un nuovo inverno ha invaso le mie terre e ne' io ne' M. sappiamo come fronteggiarlo. La neve oramai è troppo ingombrante e il faro ha cessato di nuovo di illuminarsi, accecato dalla prepotenza della bufera e del vento. Eliante è forte di un passato già vissuto e già stato, un passato che lo ha reso potente, saggio e immortale. Ho con me i doni di Astrial, la corona e il Lapis. L'albero ha allungato i suoi rami, li ha sollevato al cielo, li ha protesi alla terra. Non ci abbandonerà. Questa adunanza serve a me per primo, per riposare, per riflettere, per pensare quello che si può fare. Ogni energia si quieta ora nell'universo inverso di queste terre, si calma e converge verso lo scuro palazzo di Eliante. Tutto converge verso questo centro dall'attrazione gravitazionale immensa, tutto si piega alla sua volontà, al suo sguardo penetrante, alla sua incantevole magia. Tutto si chiude e rinchiude in queste stanze. Tutto si piega, si flette, si incatena, si riduce, si comprime in dimensioni nuove. E' l'inizio di qualcosa di diverso.

Contraddizioni: io e Eliante

Guardo Eliante e scopro quanto sia diverso da me, quanto sia distante il suo modo di vivere il mondo, di conoscerlo, il suo modo di avvicinarsi agli altri. Lo scruto e lui si compiace di questo. Ama essere osservato, scoperto, ammirato, differentemente da me che spesso mi nascondo, io che sono chiamato a regnare su terre che scopro di aver già conosciuto e dominato e regnato. Mi guarda compiaciuto, eclettico, misterioso, intrigante e oscuro. Mi guarda chiedendomi di guardarlo; e M. rimane colpito da quanto sia attratto da lui. Un'attrazione che oscilla dall'ammirazione all'invidia.
Ci rimangono le nostre contraddizioni, uniche vere regine di tutto questo. Ci rimangono le dualità che imperversano su cieli che a volte crediamo sereni. E un nuovo inverno ha già inondato queste terre ricordandomi che non si fugge da se stessi.

lunedì 6 maggio 2013

Un monumento

Ho posizionato una pietra, un monumento, un ricordo a chi non può più ricordare; a chi adesso non muove le sue labbra, non pensa, non ride più. E mi chiedo quanto ci sia costato arrivare fin qui, quante energie abbiamo speso per conoscerci e infine lasciarci, improvvisamente, amaramente; quanto ci è pesato discutere e fraintenderci per poi lasciare che tutto tornasse da dove era venuto. Quanto ci ha divertito ridere e quanto ci hanno impegnato le mie preoccupazioni. Eppure le leggerezze non sono mancate, le gioie, le inifnite bellezze, i raggi di sole e i caffè all'ombra dei primi chiari di primavera. Mi chiedo a che cosa sia servito; poi ricordo il sorriso e quello basta, quello mi sorprende, mi rallegra, mi rattrista, mi rinforza e mi scoraggia. Un monumento, una pietra sottile, a nord del faro, sul mare, simbolo della mia e tua memoria, della durevolezza, del ricordo, di ciò che non deve scomparire o dissolversi in polvere. E' maggio e il Palazzo delle Stagioni è in festa anche per te.

giovedì 2 maggio 2013

Un lontano passato: Eliante

Oltre il lago, il Castello e molto prima del Faro...lontano dal Regno di Astralia e nella direzione ovest segnata dalla Torre del Viaggiatore, Eliante parla da sempre con la notte, l'unica in questi luoghi ad aver conservato tutto. La sua lingua è profonda e viene da un passato profondo, quando ogni cosa aveva un nome appropriato e poteva essere invocata e chiamata nel modo corretto. Eliante ricorda a tutti noi come tutto è avvenuto; dall'ombra assistette alla fondazione della prima dimora del Grande Mago, della successiva e infine della posa in opera della prima pietra del Castello sul Lago. Conobbe Astralia in tutto il suo splendore Persefone, Fenix e Isatis; incontrò il Viaggiatore, quando, per andare oltre le terre del mago, attraversò i suoi giardini. Incontrò il Guardiano e a lui donò le terre per fondare i Giardini Officinali. Eliante ci ricorda da dove veniamo, da dove tutto questo proviene, in una lingua dalle scure parole ma che ci appare chiara perchè in fondo anche noi la conosciamo.  Eliante è l'unico a sapere quando sia arrivata la neve. 

mercoledì 1 maggio 2013

Memorie e ricordi: la seconda origine


"Per troppo tempo sono rimasto sull'isola di F., persuaso dall'idea indecifrabile e confusa che il fiume si dividesse per necessità all'incontro con essa, e che l'avvolgesse per amore, fino a tornare a riunirsi nelle sue acque oltre, più a nord. Perchè il grande fiume scorre verso nord, e la terra che esso solca e separa è ad est quella dei vivi, ad ovest è terra dei defunti. E defunto è il passato e vivo il futuro nelle nostre speranze. E morta è la paura come un sole che tramonta, e viva la fiducia nella vita come un disco fiammante che sorge.
Quando il grande fiume la seppellì lentamente, quando le solide fondamenta di roccia si fecero prima argilla ed infine sabbia, fui costretto a nuotare oltre ogni mia capacità e oltre ogni mia aspettativa. Sono stato quello che volevo, e questa è la speranza che do al mondo; sarò quello che vorrò, a fondamento e nutrimento della stessa speranza. La fortuna e il destino non sono che inganni di una debole volontà di vivere alla ragione, che li accoglie come veri, unici, unicamente possibili. L'unicità sta solo nella volontà e nel cambiamento di ogni cosa. Questo, L'Oscuro Guardiano, mi ha insegnato sull'isola di F. Questo, adesso che tutto è sprofondato nello scorrere delle acque, porto nelle terre del re."

La festa di maggio al Palazzo delle Stagioni

Da tempo M. attendeva questo momento e finalmente è arrivato. Maggio ha inondato le terre di neve, come da tempo non si vedeva e il Palazzo delle Stagioni ha rinnovato le sue stanze, ha innalzato festeggiamenti al mese più importante dell'anno. Eliante è arrivato fino a qui dalle sue terre, portando aria di speranza e di armonia. C'è troppa luce per lui, troppo clamore, ma M. ha saputo farlo riposare. Tutto è cambiato nuovamente e la ruota del tempo ha girato su se stessa per ringiovanire ogni cosa. Tutto ha nuovi desideri e ci saranno da questi nuovi cambiamenti. Il tempo dei festeggiamenti è cominciato.