...due sono state e sono tornate le terre, due furono e sono di nuovo gli antichi regni ed uno è rimasto, da sempre, il confine del presente...

venerdì 18 ottobre 2013

Entrata, uscita: ritorno

Chi transita da qui non esce più come è entrato...le terre del mago, che un tempo gli appartennero, adesso mi appartengono, adesso mi circondano, adesso mi innevano. Non lascio che qualcuno passi senza cambiare, senza rimanere colpito o turbato. Chi ci riesce non ha veduto davvero quello che succede.

martedì 11 giugno 2013

Potenti re

Sono sempre io, sono sempre lo stesso pensiero nato e cresciuto in una mente iperbolica e surreale,  aliena e paradossale. Sono sempre io, leggero e pesantissimo, frammentato e diviso nelle mie moltiplicanze...sono lo stesso oltre i festeggiamenti di maggio, oltre le asperità, oltre le stelle, i cieli, le andature leggere i colori d'inverno. il Palazzo delle Stagioni ha chiuso le sue vetrate, le festività col mese nuovo sono finite e tutto è tornato alla lettura, sotto la stessa neve, lo stesso identico sole. Eppure in profondità molto è cambiato, strisciato via, decaduto e rinnovato. Molto di ciò che era non è più perchè qualcuno è riuscito a togliergli il colore mantenendo la patina dorata esterna, mantenendo quello che si è sempre sembrati. Ambisco ad un'unità più grande, più alta che sfugge alle mie mani, ai miei stessi  pensieri; un'idea troppo alta perchè io l'afferri. E mi appello ad Astrial, alla Tavola Concava, a tutte le arti che posso possedere per sanare questa disomogeneità. Ambisco a parole più rilassanti di quelle di questi utlimi giorni, parole anche fragili ma meno pesanti. Parole che non tocchino sempre l'anima, che non distruggano cristalli e ceramiche con il loro passare, con il loro incedere, con il loro indugiare. E qui tutto torna alla lettura, al silenzio ed Eliante scivola di nuovo nel buio delle sue terre, appagato di ciò che è stato; M. rimpiange un passato glorioso in cui antichi re si appellavano a più antichi dei per sostenere quello che oggi non ha più colonne, non ha più soffitti, non ha più nome
. Antichi re, potenti e fermi nelle loro decisioni indissolubili, inalienabili, indistruttibili...potenti re. Porto una corona che non mi appartiene più.

martedì 4 giugno 2013

La fine e l'inizio: le festività, la vita e la morte

Dimentico sempre, fra i  mille errori di ortografia, quello che lega la fine all'inizio. Ed ogni cosa infine sarà servita, e tutti i passeggeri o i raminghi di queste terre saranno stati i benvenuti, gli ospiti di una vita. La vita sì, come l'inizio e la fine. Perché è nostra, nostra soltanto e chi adesso l'ha lasciata ha perduto quello che di più grande ha potuto stringere, quello che davvero non dovrebbe toccarci mai di lasciare. M. è ammutolito davanti alla straordinarietà dell'esistenza e mi accusa di leggerezza, di sopraffazione della verità;  e Eliante mi ricorda che le festività di maggio si sono concluse senza che me ne fossi accorto, senza che nulla fosse scivolato chiaramente sotto ai miei occhi; senza che la follia ci abbia assalito veramente, come davvero e tacitamente temevamo, senza che il mondo abbia smesso di ruotare. Eliante vaga nelle sue terre e mi ricorda, senza parlare, quanto sia difficile comunicare quello che si costruisce, quello che si immagina; come il linguaggio sia  difficile da universalizzare....e le parole si caricano di metafore e significati multipli e molteplici a confondere tutto, a disperdere ogni briciolo di sanità relazionale e si finisce per litigare, per discutere....ma in fondo, rispondo io, non si può evitare, la tavola concava raccoglierà ancora le nostre lacrime e le musiche leggere, di queste terre, esisteranno ancora, finchè avremo un'esistenza; e la ferita sarà una cicatrice per un domani diverso e più pieno. Faccio fatica a rimettere tutto insieme; pensiero analogico direi io, scarsità di chiarezze di idee, direbbero altri...Eliante vaga, io penso, M. sta in silenzio. Che destino strano ci attende, che magnifica leggerezza, che pesante pesantezza, che astuta mentalizzazione. 

venerdì 17 maggio 2013

Quinto dono di Astrial: la penna d'oro

Esiste una strada, tracciata secoli fa e perseguita per molto tempo e infine abbandonata. Univa la citta torrita di Flauris alla città perduta, la reggia del re ai sacri palazzi di Ergon, città del potere. Oggi è possibile riprenderla, ripercorrerla, affrontarla. La penna d'oro è di nuovo nelle mie mani.

giovedì 16 maggio 2013

Il labirinto di Eliante

C'è un labirinto nelle terre di Eliante, replica esatta di quello che il Mago eresse per Fenix vicino al suo castello sul lago. Meraviglia di questi luoghi, leggerezza della mente, Eliante me lo mostra, mi invita a percorrerlo, consapevole della mia incapacità, audace e sfrontato, come già lo avevo conosciuto. Lo guardo serio e lui sorride. Mi teme e io temo lui, la sua bizzarria, il suo colore, tanto differente dal mio. Il labirinto mi tenta, mi avvolge già nelle sue spirali, nelle sue morbide, mortali volute. Ho paura sì, lo posso dire, perchè i miei piedi percorrono sentieri che mai avrebbero creduto e tutto diventa come un lungo interminabile crinale, e su entrambi i lati la montagna ripida e pericolosa scende verso valle. Credo che non ci sia perfezione, sì; credo che esista la complessità, sì; credo nella bellezza e nella gioia di goderla; credo nella rabbia di non poter trovare una soluzione logica a tutto. A grandi passi mi avvicino all'entrata e lui sorride, fiero di avermi tentato e indotto nel peccato mortale. Non morirò all'inferno, non io, che non credo nella sua esistenza. La burla e l'inganno stanno qui: le cose appartengono a chi le crede. Sì, ci credo.

Simboli: il labirinto

Il termine labirinto deriva dal greco e fa riferimento ad  una leggendaria costruzione architettonica dell'antichità, il palazzo del re Minosse e Cnosso, caratterizzato da una pianta complicata e artificiosa,  in cui i corridoi e le stanze si susseguivano e si intrecciavano creando un groviglio di spazi capace di far perdere completamente l'orientamento al visitatore.
Il Labirinto originario, quello preistorico e antico, detto unicursale è formato da un'unica via che si intrica, si avvolge, e va verso un Centro. E' una via lunga, faticosa, ma senza biforcazioni, crocicchi o cammini ciechi, incertezze e necessità di scelte; da percorre nel doppio senso di andata e ritorno, e senza pericolo di smarrimento. Questo complesso tracciato si ritrova, allo stato di natura, nei corridoi di accesso ad alcune grotte preistoriche.
Del simbolo del Labirinto sono state date le interpretazioni più varie e disparate in ogni campo, dalla filosofia alla psicologia, dalla psicanalisi alla pittura, dall'architettura alla scultura.
Il primo labirinto di cui si ha notizia nella tradizione occidentale è quello del Minotauro, costruito dall’architetto Dedalo su incarico del re cretese Minosse, e nel quale entrò Teseo per uccidere il mostro.

Il Labirinto ci suggerisce che ci troviamo di fronte ad un processo di iniziazione che, a prezzo di una faticosa esperienza, conduce l'Uomo al Centro, dove esso è solo di fronte alla propria realtà interiore, o alla bestia con cui deve combattere o alla morte, nel silenzio impalpabile che, solo, permette di acquisire la conoscenza di sé.
Tale significanza si conserva anche nell'allegoresi cristiana dell'Alto Medio Evo dove il Labirinto simboleggia, di solito, le prove che il devoto deve affrontare prima di giungere alla Gerusalemme Celeste.
Nella tradizione cabalistica, ripresa anche dagli alchimisti, il Labirinto svolgerebbe una funzione magica e sarebbe uno dei segreti attribuiti a Salomone. E' per questo che il Labirinto delle Cattedrali, costituito da una serie di cerchi concentrici interrotti in alcuni punti in maniera tale da formare una sorta di sentiero inestricabile e bizzarro, sarebbe chiamato "Labirinto di Salomone" (come quello della cattedrale di Lucca).
In alchimia è un'immagine del lavoro intero dell'Opera con le sue difficoltà maggiori e cioé quella della via da seguire per raggiungere il Centro dove avviene il combattimento tra le due Nature dell'Uomo, e dove si raggiunge la conoscenza del sé realizzato nel Rebis.
È soltanto in seguito, dall'età manieristica e barocca, che il labirinto subisce un radicale cambiamento e si aggroviglia, si complica, in una serie di illusioni e ingannevoli camminamenti che non danno più la certezza di arrivare al suo centro e, una volta arrivati, non danno più la sicurezza neanche di raggiungere l'uscita. Diventa allora il luogo della perdizione, dell'errore, del mistero e dell'avventura.
Le vie intricate e tortuose del Labirinto che permettono o impediscono l'accesso appaiono anche un sistema di difesa di ciò che contiene e, quindi, annunciano la presenza al suo interno, di qualcosa di prezioso e di sacro a cui non tutti possono accedere (il proprio io). Solo a pochi è concesso di intuirne l'entrata e le vie da percorrere per arrivare fino in fondo, mentre tutti gli altri saranno impossibilitati a penetrarvi o si smarriranno per strada. Può succedere di essere assaliti da un terribile senso di claustrofobia e contemporaneamente di distacco dal mondo esterno. Soli con la propria coscienza e privi di ogni riferimento, si perde il rapporto Spazio-Tempo e si finisce per smarrirsi, riducendo il mondo interiore ad un caos senza senso possibile. Tale stato di shock determina la frantumazione di una personalità non più desiderata.
Il Labirinto, quindi, è la via che conduce all'interno di se stessi, verso la parte più misteriosa della persona umana, che non può essere raggiunta dalla coscienza se non a seguito di lunghi giri (la spirale) o di una intensa concentrazione, che permetterà di giungere all'Intuizione Finale.
Il Labirinto pone l'uomo di fronte al suo Mistero che, restando inspiegabile razionalmente, deve essere colto o intuito.

lunedì 13 maggio 2013

Tutto converge

Le festività di maggio continuano al Palazzo delle Stagioni, festività riscaldate dal caldo Vento del Sud che solo Eliante poteva  permettere  che attraversasse tutte le terre. E dalla neve al vento, dal vento alle festività. La Tavola, l'Albero, la Corona e il Lapislazzulo ci hanno concesso giorni sereni, hanno portato l'equilibrio dinamico ad una svolta del pendolo; hanno mostrato che la felicità spesso è l'illusione del 'tutto perfetto'. Lasciamo la perfezione, la abbandoniamo, la rinneghiamo, perchè non appartiene a menti sane, a menti propiettate verso la caducità di questo mondo. Siamo quello che siamo e non quello che potremmo essere, questa è la profonda ultima verita Shakesperiana che traghettiamo anche qui, dove ogni cosa e ogni idea può essere. Rinuncio a fare tutto quello che è possibile, dove tutto è possibile, perchè diventi e rimanga specchio di quello che vivo, di quello che annuso, di quello che voglio. Festeggiamenti, il vento caldo, Eliante e M.. Tutto converge verso.

giovedì 9 maggio 2013

Quatro dono di Astrial: la tavola concava

Ci permette di riversare le nostre lacrime, di riunire i rigagnoli delle poche forze rimaste. Ci riunisce, scomposti all'origine, diffranti, apparentemente separati e irrimediabilmente differenti. Ci riunisce nelle nostre essenze, nelle nostre peculiarità distinte, immaginifiche forme. Finalmente
insieme le forze ritornano, ci guardano, ci affrontano. Siamo tre come gli estremi di un triangolo che tutto soggiace, forma primigenia latente alla realtà, moderatrice di verità, filtro di idee, rete di emozioni. Tre.

Addensamenti nel vuoto

Considerando gli immensi spazi vuoti fra gli ammassi di galassie, si stima che la densità media della materia visibile nell'universo sia di un solo atomo per metro cubo.
Siamo grumi in un vuoto cosmico inimmaginabile, addensamenti improbabili in luoghi altrettanto insoliti.

martedì 7 maggio 2013

Primo concilio: il palazzo di Eliante

Eliante ci ha radunato, ci ha chiamato, ha visto la nostra difficoltà. Si apre il primo concilio oltre le terre del Re, al di là del fiume, ad Ovest, nei luoghi dei non vivi. Le stanze del palazzo sono fresche, ombrose, scure e profonde. Eliante siede e guarda. Non ha troppe parole, non ha troppi intricati pensieri. Maggio ha portato questa riunione che solo Astrial sa quanto potrà durare. Si è resa necessaria perchè un nuovo inverno ha invaso le mie terre e ne' io ne' M. sappiamo come fronteggiarlo. La neve oramai è troppo ingombrante e il faro ha cessato di nuovo di illuminarsi, accecato dalla prepotenza della bufera e del vento. Eliante è forte di un passato già vissuto e già stato, un passato che lo ha reso potente, saggio e immortale. Ho con me i doni di Astrial, la corona e il Lapis. L'albero ha allungato i suoi rami, li ha sollevato al cielo, li ha protesi alla terra. Non ci abbandonerà. Questa adunanza serve a me per primo, per riposare, per riflettere, per pensare quello che si può fare. Ogni energia si quieta ora nell'universo inverso di queste terre, si calma e converge verso lo scuro palazzo di Eliante. Tutto converge verso questo centro dall'attrazione gravitazionale immensa, tutto si piega alla sua volontà, al suo sguardo penetrante, alla sua incantevole magia. Tutto si chiude e rinchiude in queste stanze. Tutto si piega, si flette, si incatena, si riduce, si comprime in dimensioni nuove. E' l'inizio di qualcosa di diverso.

Contraddizioni: io e Eliante

Guardo Eliante e scopro quanto sia diverso da me, quanto sia distante il suo modo di vivere il mondo, di conoscerlo, il suo modo di avvicinarsi agli altri. Lo scruto e lui si compiace di questo. Ama essere osservato, scoperto, ammirato, differentemente da me che spesso mi nascondo, io che sono chiamato a regnare su terre che scopro di aver già conosciuto e dominato e regnato. Mi guarda compiaciuto, eclettico, misterioso, intrigante e oscuro. Mi guarda chiedendomi di guardarlo; e M. rimane colpito da quanto sia attratto da lui. Un'attrazione che oscilla dall'ammirazione all'invidia.
Ci rimangono le nostre contraddizioni, uniche vere regine di tutto questo. Ci rimangono le dualità che imperversano su cieli che a volte crediamo sereni. E un nuovo inverno ha già inondato queste terre ricordandomi che non si fugge da se stessi.

lunedì 6 maggio 2013

Un monumento

Ho posizionato una pietra, un monumento, un ricordo a chi non può più ricordare; a chi adesso non muove le sue labbra, non pensa, non ride più. E mi chiedo quanto ci sia costato arrivare fin qui, quante energie abbiamo speso per conoscerci e infine lasciarci, improvvisamente, amaramente; quanto ci è pesato discutere e fraintenderci per poi lasciare che tutto tornasse da dove era venuto. Quanto ci ha divertito ridere e quanto ci hanno impegnato le mie preoccupazioni. Eppure le leggerezze non sono mancate, le gioie, le inifnite bellezze, i raggi di sole e i caffè all'ombra dei primi chiari di primavera. Mi chiedo a che cosa sia servito; poi ricordo il sorriso e quello basta, quello mi sorprende, mi rallegra, mi rattrista, mi rinforza e mi scoraggia. Un monumento, una pietra sottile, a nord del faro, sul mare, simbolo della mia e tua memoria, della durevolezza, del ricordo, di ciò che non deve scomparire o dissolversi in polvere. E' maggio e il Palazzo delle Stagioni è in festa anche per te.

giovedì 2 maggio 2013

Un lontano passato: Eliante

Oltre il lago, il Castello e molto prima del Faro...lontano dal Regno di Astralia e nella direzione ovest segnata dalla Torre del Viaggiatore, Eliante parla da sempre con la notte, l'unica in questi luoghi ad aver conservato tutto. La sua lingua è profonda e viene da un passato profondo, quando ogni cosa aveva un nome appropriato e poteva essere invocata e chiamata nel modo corretto. Eliante ricorda a tutti noi come tutto è avvenuto; dall'ombra assistette alla fondazione della prima dimora del Grande Mago, della successiva e infine della posa in opera della prima pietra del Castello sul Lago. Conobbe Astralia in tutto il suo splendore Persefone, Fenix e Isatis; incontrò il Viaggiatore, quando, per andare oltre le terre del mago, attraversò i suoi giardini. Incontrò il Guardiano e a lui donò le terre per fondare i Giardini Officinali. Eliante ci ricorda da dove veniamo, da dove tutto questo proviene, in una lingua dalle scure parole ma che ci appare chiara perchè in fondo anche noi la conosciamo.  Eliante è l'unico a sapere quando sia arrivata la neve. 

mercoledì 1 maggio 2013

Memorie e ricordi: la seconda origine


"Per troppo tempo sono rimasto sull'isola di F., persuaso dall'idea indecifrabile e confusa che il fiume si dividesse per necessità all'incontro con essa, e che l'avvolgesse per amore, fino a tornare a riunirsi nelle sue acque oltre, più a nord. Perchè il grande fiume scorre verso nord, e la terra che esso solca e separa è ad est quella dei vivi, ad ovest è terra dei defunti. E defunto è il passato e vivo il futuro nelle nostre speranze. E morta è la paura come un sole che tramonta, e viva la fiducia nella vita come un disco fiammante che sorge.
Quando il grande fiume la seppellì lentamente, quando le solide fondamenta di roccia si fecero prima argilla ed infine sabbia, fui costretto a nuotare oltre ogni mia capacità e oltre ogni mia aspettativa. Sono stato quello che volevo, e questa è la speranza che do al mondo; sarò quello che vorrò, a fondamento e nutrimento della stessa speranza. La fortuna e il destino non sono che inganni di una debole volontà di vivere alla ragione, che li accoglie come veri, unici, unicamente possibili. L'unicità sta solo nella volontà e nel cambiamento di ogni cosa. Questo, L'Oscuro Guardiano, mi ha insegnato sull'isola di F. Questo, adesso che tutto è sprofondato nello scorrere delle acque, porto nelle terre del re."

La festa di maggio al Palazzo delle Stagioni

Da tempo M. attendeva questo momento e finalmente è arrivato. Maggio ha inondato le terre di neve, come da tempo non si vedeva e il Palazzo delle Stagioni ha rinnovato le sue stanze, ha innalzato festeggiamenti al mese più importante dell'anno. Eliante è arrivato fino a qui dalle sue terre, portando aria di speranza e di armonia. C'è troppa luce per lui, troppo clamore, ma M. ha saputo farlo riposare. Tutto è cambiato nuovamente e la ruota del tempo ha girato su se stessa per ringiovanire ogni cosa. Tutto ha nuovi desideri e ci saranno da questi nuovi cambiamenti. Il tempo dei festeggiamenti è cominciato.

martedì 30 aprile 2013

Le terre di Eliante

Sull'altra sponda, oltre lo sguardo di statue colossali e immobili al tempo, le terre di Eliante lambiscono il fiume che abbraccia l'Isola, che circonda me,che fende le terre del Re Mago, come una forbice a tagliare passato e futuro. Sulla sponda oscura a occidente, dove tutto dovrebbe essere morto, un re ha fondato il suo regno e il suo castello è tanto alto da poter essere scorto a grande distanza. Eliante non fa parlare di sé, non ha memorie da raccontare per ingioiellare il suo nome; è giovane, forte e audace. Silenzioso si muove nelle terre oscure, ombra di qualcuno scomparso molto tempo prima, e la neve  scompare sopra le sue terre.
Domani sarà maggio.

Quinto passaggio: le porte dell'Isola di F.

C'è un tempio sull'Isola, abbandonato ai ricordi di chi lo tiene stretto nella propria memoria. Iside lo protegge, a lei si consacra ad ogni luna piena. E l'isola più volte sommersa, abbandonata, ricostruita più a monte, ripristinata, ritrovata, è stata custode e testimone di un incontro importante tra me el'Oscuro Guardiano. Adesso, sola, apre le porte a chi è rimasto, a chi ha dentro la voglia di non dimenticare...si aprono i cancelli del tempio, porta verso una nuova evoluzione mentale, verso un dove imprecisato, uno spaziotempo incurvato ancora di più.

venerdì 26 aprile 2013

L'Isola di F., un ricordo nei ricordi dei ricordi

Eccoci, finalmente ho ricordato; ti ho portato dove tutto ha avuto una seconda origine, dove tutto si è dipanato dopo una sconfitta, dopo una rivoluzione. Eccoci: l'Isola di F. dischiude nuovamente il suo tempio ai nostri occhi, ci annuncia le sue meraviglie e attende il ritorno del suo re, partito imberbe e tornato vittorioso. Eccoci, M., ho ricordato chi sono stato, ho chiuso l'anello rimasto pericolosamente e terribilmente aperto lungo molti anni, molte ere. La terza era è finalmente cominciata e il re, il mago, il viaggiatore e tu coincidono nella forma e nella sostanza, nell'essenza e nelle intenzioni. Ho capito cosa cerco, la domanda tanto amata e tanto pronunciata; ho capito dov'è la direzione vettoriale, la curvatura dello spaziotempo, l'inclinazione, il natural declivio che ci conduce e ci spiana la strada. Ho capito, ho compreso, ho afferrato una nuova costante universale in queste terre. Attraverseremo il lago, le porte dell'Isola ci attendono....un ricordo nei ricordi dei ricordi.

giovedì 25 aprile 2013

Curiosità: "l'orologio standard"

L'orologio atomico al Cesio è attualmente l'orologio più preciso al mondo, più preciso perfino della stessa rotazione terresetre. Il 'secondo' è calcolato non più come la 86400 parte del giorno ma come 9.192.770 oscillazioni  della radiazione  emessa  da un atomo  di Cesio. Il grado di errore è di 1 secondo su 30000 anni.

martedì 23 aprile 2013

Simboli: il tre

Naturale espressione e propagazione della diade, il terzo raccoglie gli opposti e li sviluppa riconducendoli all'unità. Col terzo filo si fa una treccia, e la terza gamba rende stabile uno sgabello; il terzo punto definisce la prima superficie, il triangolo, che soggiace a tutte le forme sensibili, perchè simbolo di ognuno dei quattro elementi antichi. Unito all'opposto di se stesso, il triangolo equilatero, compone il sigillo salomonico, riassunto di ogni filosofia ermetica. Tre i tempi storici, i processi di vita, nascita-vita-morte, creazione-trasforamzione-distruzione, esemplificati nell'induismo dalla triade Shiva-Brahma-Visnù. Trina è la divinità cristiana e tre sono le fasi alchemiche principali. Tre sono lo il mercurio lo zolfo e il sale. Tre le dimensioni percepite dall'umo, le parti dell'atomo, le famiglie di quark, i colori primari, i tasselli regolari, le virtù rivoluzionarie e quelle teologali. Tre le grazie, le furie e le parche del mondo antico.
Il tre è un numero profondo, occulto, che informa la realtà delle proprietà percepibili ma che si mantiene invisibile e solo nel quattro si manifesta. E' dimanico, dopo la staticità del duo, e riprende lo sviluppo dell'uno conducendolo nello ctonio. Il tre infine èmanifestazione di un equilibrio dinamico, evolutivo, trascendente e impercettibile. Dinamico evolversi in un dinamico equilibrio.

domenica 21 aprile 2013

Costanti incostanti

Sì, vengono meno. Non è la loro natura a renderle immutabili, è solo l'universo che le circonda, e che loro stesse informano. Radix Ipsium; gli alberi non hanno radici senza terra e la terra diverrebbe un deserto senza di loro. Cambiando universo anche loro mutano o svaniscono...terribilis est locus iste...terribilis...

sabato 13 aprile 2013

Frammenti

Quando non parlo di simboli generalmente li respiro. Ci sei rimasto tu ad ascoltarmi, solo tu e tremo all'idea di vederti scomparire come per molto tempo è stato..magari inghiottito dalle stesse grotte che ti hanno trattenuto per troppo tempo, quello necessario a stordirti e a farti dimenticare che eri, chi sei, cosa potresti essere. Temo la dissoluzione, la frammentazione senza volontà. Spesso mi sono trovato a volerla, bramarla, assetato di trasparenza, di polvere e frantumi. Adesso la sento incombente su di me, su di noi, perchè che cosa siamo se non due lati dello stesso pozzo, due sponde di un piccolo mare, due, uniti nell'uno, nato dal tutto, fonte di molteplicità? Temo la dissoluzione perchè mi attanaglia la mente, pervade e aleggia in questi boschi. La neve non raffredda più oramai, e maggio è alle porte...festeggeremo M, vero?! Promettimi che festeggeremo, promettimelo! Accoglimi per come sono, entusiasta e bambino...e io ti accoglierò per come sei, profondo e impegnato.   Siamo piccoli e grandi, frammentati ma non per questo in frantumi, che dici? Frammenti di noi, a tratti sparsi, persi ma mai troppo sparpagliati, mai troppo abbandonati...o no? ho paura, paura che qualcosa sfugga ai miei e ai tuoi occhi, M., perchè il mondo ruota, la galassia ruota e le galassie fra loro, si muovono le une rispetto alle altre fino a quando scompare ogni riferimento e nulla si muove più, perchè non esiste più nulla rispetto a cui muoversi. Magnifico no? potremmo dire di non muoverci assolutamente rispetto al tutto, dato che tutto non han niente cui fare riferimento sul suo muoversi...frammenti, frammenti.

mercoledì 10 aprile 2013

La luna esiste?

"Lei è proprio convinto che la luna esiste solo se la si guarda?"

giovedì 4 aprile 2013

Astrial

Perchè tutto contiene e nulla lo contiene. Un errore definirlo l'uno perchè di per sé sarebbe già definirlo qualcosa, un numero, una quantità diversa da altre. Non è l'infinito perchè sarebbe tentare di descriverlo e questo non ha possibilità d'essere per la natura umana. Non è un dio perchè potrebbero esservene altri, migliaia, migliaia di migliaia. Ci si approssima per negazioni e mai per affermazioni. Non si descrive semplicemente. I suoi doni arrivano generosi, la sua energia aleggia in ogni luogo e ogni luogo è Astrial. Prende quello che vuole e la stessa morte è da considerarsi un suo dono. La corona, il Lapisalazzulo, l'Albero Ermetico dell'Esistenza; siamo pronti, M., per governare queste terre, per prendere le redini di quello che è stato e che non è più; di quello che vogliamo. Abbiamo tutto.  

mercoledì 3 aprile 2013

Radix Ipsium: il terzo dono di Astrial

Un dono  di Astrial, l'unico in grado di poter fare questo. Si radica in se stesso, nasce spontaneo, vive e su nulla si sostenta se non della forza che trova, dell'attaccamento alla vita, dell'energia degli esseri che lo respirano. Torna, mio caro compagno di viaggio, l'Albero Ermetico dell'Esistenza, che ritrova la foga di rinascere prioprio al Palazzo delle Stagioni, proprio qui, quando il dolore della morte sembrava aver oscurato per sempre questo cielo. Torna la neve rimasta immobile nelle non parole, nei non pensieri per troppo tempo. Torna la neve, il ghiaccio, la speranza. Rinasce l'albero alla vita, felix, gioioso, radicato nella sua sola stessa natura. Si sviluppò un tempo su sutte le terre del Regno dai perduti Giardini Officinali, che l'Oscuro Guardiano proteggeva e manuteneva. Oggi Astrial ci dona la sua potenza, ci dona la sua forza, ci fa capire che dalla cenere, dalla morte, da quello che sembra nulla,  la vita torna sempre.

domenica 31 marzo 2013

Terribilis Est Locus Iste

Succedono cose terribili, terribili e venerabili al contempo, perchè questo è il significato ultimo che dovrei imparare a comprendere...e la morte è la più inquietante di tutte perchè mai rientra nei nostri piani, mai fa parte di una progettualità concreta e positiva...eppure qualcuno riesce a immaginarla, a vederla chiaramente nei propri pensieri, a percepirla con coraggio e incoscienza... E tutto scivola e chiede l'abbandono e ci rimane irrisolvibile. E si finisce per piangere lacrime che non ci aspettavamo, lacrime pesanti come la terra, come l'abbandono che c'è dietro tutto questo, come la fragilità che si rivela, psichica e non solo corporea. Rimane un addio, un sogno, un pensiero dove tutto è pensiero, ogni cosa, ogni esperienza, ogni frammento delle nostre fragili splendide vite. E la vita merita di essere tale, oppure anche più semplice o anche mediocre ma terribilis soltanto perchè vita, soltanto perchè viva.
Addio uomo dai mille colori, tornado, fragile, piccolo uomo. Addio, che è tutto quello che posso e so dire perchè tutto è bloccato nelle lacrime, pesanti e ctonie, nel pensiero delle tue parole, delle tue espressioni.
La terra è un luogo terribile e venerabile, un luogo fatto di vivi e di morti.

mercoledì 27 marzo 2013

Complementarietà

Ci sono momenti di solitudine in cui tutto si ghiaccia, e sembra conservarsi e  preservarsi da ogni cambiamento. Eppure tutto muta, nel continuo dinamico equilibrio dei due principi. Si parla di una forza superiore, di un'energia che soggiace e pervade ogni cosa; una fonte immensa e inesauribile cui attingere, cui fare appello in questi momenti. Si parla di sintonizzazione dei propri desideri con quelli dell'unica natura. Si narra di qualcosa che a stento riesco solo a pensare, a concepire, a realizzare in un pensiero compiuto. E tu, M., non mi sei d'aiuto, ora che innumerevoli attori entrano in questa scena, macchiandola delle loro presete o semplicemente riempiendola con le loro innumerevoli parole, delle loro mani. Odio tutto questo affollamento e mi rifugio sulle spiagge solitarie che il grande Mare Del Sud tocca ogni giorni; spiagge che esistono soltanto perchè esiste lui, un mare che esiste solo perchè esistono loro. E' inquietante pensare al pieno, al vuoti, alla complementarietà. Tutto è pervaso dalla complementarietà, tutto è jin e jang, tutto, questo l'ho capito. Solo questo e il fluire lento e dolce dell'acqua; come l'acqua, come il Dao. E arrivo alle cascate di Aduna, finalmente dove ritrovo quello che molto tempo fa ho perduto. Il Lapis Lapsus è di nuovo nelle mie mani, e come una collana fatta di tanti se stesso nel tempo, lega tutti noi, ogni attore, ogni re, ogni mago. Un destino che ci porta in grembo, che ci conduce ogni volta in queste terre perchè si rinnovino, perchè si perpetuino, perchè continuino nella loro missione.

martedì 26 marzo 2013

Simboli: il drago

La costellazione del Drago (o Draco), sebbene sia una delle più vaste ed antiche che conosciamo, si attorciglia attorno al Polo Nord, e non è facilmente visibile ad occhio nudo. Il mito greco narra che Atena, affrontata dal drago che i giganti le opposero, lo avrebbe preso, attorcigliato e scagliato nel cielo inchiodandolo all’asse del mondo. Le stelle che compongono la costellazione del Drago, data la loro posizione particolare,  non tramontano mai ed occupano un ruolo centrale fra le altre costellazioni. Questa peculiarità ha ispirato l’associazione simbolica del drago all’eternità, alla conoscenza e alla vigilanza sul tempo e sul mondo in generale. Il drago diventa simbolicamente guardiano del tempo, e assume le sembianze dell’Ouroboros Alchemico (letteralmente Mordicoda). Uccidere il drago è metafora di conquista di una conoscenza superiore, come conferma l’undicesima fatica di Ercole, (che ucciderà il drago Ladone nel giardino delle Esperidi), di abbattimento di limiti temporali, di raggiungimento dell’immortalità. Gli antichi interpretavano l’anello draconico come cambio dell’anno e ritorno al principio e come principio dell’opera, in cui viene ingerita l’umida e velenosa coda del drago.
Il drago come Ouroboros è probabilmente uno dei più antichi simboli figurati dell’Alchimia e dell'ermetismo in generale. Legato al tempo ciclico e all’eternità, è simbolo unificatore dei contrari, perché è metallo oppure liquido, materia o spirito, freddo o ardente, veleno o bevanda salubre, androgino e contenente tutte le forme. È la prima materia come il Mercurio (con cui spesso si confonde nella simbologia) e sta all’inizio dell’opera, la nigredo, il caput corvi. (Ecco perché spesso l’Opus viene chiamata circulare oppure rota) Il drago divora se stesso e muore per risorgere poi come Lapis. Quando si parla di Drago, così come di Mercurio, si intende lo spirito celato o prigioniero nella materia e creatore del mondo. Nel drago si combinano il principio ctonio del serpente e quello aereo dell’uccello. Diventa qualitativamente ‘primateriale’; ucciso nell’alambicco/uomo è la conquista dell’origine, dell’anima di tutte le cose, di ciò che sta sotto, prima e dentro il tutto. Uccidere il drago è andare oltre, a fondo, dentro la costituzione delle cose. È conoscere le loro cause, è affondare nel caos non caotico della primordialità dell’essere, è fare sostanzialmente quello che in teoria soltanto dio, per le religioni monoteiste, può fare. L’Alchimista-Artifex, artefice di se stesso (nella visione psicoteorica della coincidenza simbolica e reale fra alchimista e opera alchemica) uccide per vedere risorgere il Drago Primateriale; lo incendia conferendogli le ali perché cominci ad esalare, e con questo gesto affonda i piedi nella Nigredo.
Il termine Drago, associato ai diversi colori (drago rosso, drago verde ecc), viene usato nei trattati di alchimia pratica per designare diverse sostanze. Gli antichi egizi, per esempio, avevano diffusamente trattato i segreti chimici per mezzo di figure animali. Il drago nei loro manoscritti rappresenta generalmente il salnitro (nitrato di potassio).
Gli psicologi del profondo, in particole dell’indirizzo Junghiano, hanno riconosciuto nei draghi e nei mostri in genere simboli delle potenze fondamentali che formano i depositi più profondi della geologia psichica. Lottare con il drago è affrontare, da parte dell’ego, l’ansia primaria collegata da alcuni al trauma della nascita.
La degenerazione del suo significato 'etico' (da essere positivo, sotteso a tutte le cose, rigenerativo e costitutivo del mondo intero, ad animale diabolico, infernale, malvagio e crudele) è imputabile nell'Occidente alla diffusione del cristianesimo (in tutte le sue correnti) che ritrova la 'bestia' menzionata nell'apocalisse con un significato evidentemente negativo (anche se la cinematografia degli ultimi decenni ha tentato di riscattarlo a sfavore della cavalleria medievale). Questo processo di trasformazione semantica comincia in pieno medioevo e porterà la creatura ad assumere diverse peculiarità che in origine non aveva: lo sputare fuoco (che richiama le fiamme infernali) la dentatura felina (collegata alla 'bestia' che divora) e probabilmente anche le ali da pipistrello (animale legato al male perchè attivo soltanto di notte, cioè lontano dalla luce solare legata al 'dio della vita'). Un'ultima curiosità: il mitico animale è largamente documentato in tutti bestiari medievali che a loro volta si rifanno a testi ancora più antichi o a racconti leggendari, ed è presente in tutte le culture del mondo (ovviamente con caratteristiche fisiche che variano da cultura a cultura). Nella 'creazione' della sua immagine, probabilmente hanno avuto la loro importanza ritrovamenti di resti fossili di animali preistorici, in particolare di dinosauri, più che, come dicono alcuni, la reale esistenza di esseri simili. Non è ufficialmente documentato nessun resto di Drago al mondo (fossile e non).  

Dualismo e terze possibilità

Il dualismo particella-onda che la fisica quantistica cerca di risolvere relativamente alla natura della luce e dell'elettrone, vìola il principio Aristotelico del 'tertium non datur'; perchè due cose opposte e contrapposte possono non essere vere entrambe o viceversa, e una terza possibilità è data in luogo e in sostituzione della loro sintesi. Il Rebis Alchemico lo aveva anticipato e tutto ciò che riguarda l'uomo, nella sua interiorità, lo conferma. Esistono terze possibilità... e oltre. 

domenica 24 marzo 2013

Simboli: la corona e la ghirlanda

Preceduto in natura dal sole, dai fiori, dalle corna di molte specie animali, l'uomo ripone nella corona tutta la simbolica 'potenza del potere'. L'incoronazione del monarca è una solificatio, un'investitura che travolge e coinvolge tutto il suo regno e il suo popolo. Essere incoronati è essere esaltati. La corona esalta colui che è modesto anche se può essere molto pesante da portare. La corona può essere di spine per mortificare e trafiggere, d'alloro per premiare e innalzare, sottile, un'aureula, per santificare e rendere d'esempio all'umanità intera. La parola ghirlanda (prototipo o semplificazione della corona vera e propria) deriva da una radice germanica che significa "curvare, volgere il giro", proprio perchè è realizzata con piante intrecciate su se stesse. L'ulivo era sacro a Zeus, l'edera a Dioniso, l'alloro ad Apollo e le rose alle grandi divinità femminili come Afrodite o Iside.  L'alchimia vede nella corona il culmine della realizzzaione della Grande Opera, laddove la metallogenesi vede nell'oro lo stadio di perfezione e purificazione di ogni metallo grezzo. La corona è la massima espressione del potere e si ritrova trasversalmente in tutte le culture del mondo. E' considerata archetipo della glorificazione dell'uomo perchè cinge la testa che per prima  incorona il corpo.

I doni di Astrial: la Corona

Lliberare la forza immaginativa e creatrice di M. è stato fatale e imprevedibile nelle sue conseguenze. Molto di quello che dice non è verosimile ma qui nulla lo è. La realtà può davvero essere più complessa e sorprendente di ogni fantasia e anche se le cose hanno altri nomi questo non significa che non esistano o che non accadano. Dal faro abbiamo avvistato qualcosa e sulle spiagge del mare del Sud abbiamo rinvenuto la Corona del Re. E' stato lui, è stata la sua potenza, quel filo invisibile che ancora lo lega al Mago, che ancora si nutre di una magia antica, di una suggestione potente e misterica. La Corona è un dono per il successore del re, per colui che reggerà le sorti di qualcosa di pesante e complesso. La Corona è la radice di ogni potere, è la forma sensisbile di qualcosa di inafferrabile veramente. Il Leogrifo si è fermato a contemplarla affascinato e confuso. Ritorneremo più potenti di prima, perchè il prima e il dopo ce lo permettono.

mercoledì 20 marzo 2013

Un cielo sereno

E'  stato un cielo sereno, mio caro amico e compagno. E' stato un cielo di violini e musiche lontane, di sussurri e molte voci. Ognuno si è sentito di esprimere quello che ha sentito, che ha provato, che le mie parole e le tue hanno mosso in lui,  perchè i neuroni specchio hanno giocato efficacemente il loro ruolo. Magia delle relazioni o delle confidenze...un cielo di stelle sotto la neve: davvero non si era mai visto. E adesso soffro, come avevamo previsto, la lontananza, la mancanza, la rottura. Torneremo a sorridere, a cantare leggere canzoni, anche se non è mancato di ridere e sorridere, che non sono davvero la stessa cosa. Proseguo nell'ascoltare magnifiche storie dalla tua bocca, M.. non manchi mai di stupirmi, non ti stanchi di trascinarmi in tutto quello che è stato e che hai visto dalle grotte e prima di esse. Sarebbe bello poter conoscere quel Re, quello che ti ha abbandonato, per chiedergli perchè ha perso così tanto tempo, del suo tempo, che così poco ce ne eviene dato, a costruire vuote città, torri fino al cielo, a cercare castelli sospesi, e strade verso dove indefiniti. Ma in fondo, in fondo a questo palazzo, a questa neve anch'io sto facendo la stessa cosa, anch'io sto vagando fra le musiche, i miei pensier e i tuoi. Anch'io come lui ha fatto un tempo, allargo i confini mentali di tutto questo perchè diventi uno spazio oltredimensionale, uno spazio che mi accolglie e mi distende. E' arrivata la neve ancora, la malinconica neve, da un cielo limpido come mai lo abbiamo potuto vedere. Vorrei conoscere quel Re, perchè il Mago è sparito per sempre, perchè di lui rimane l'idea incantata e benefica, mitica e oscura. Vorrei conoscere quel Re, da lui sapere molte cose che oggi cerco in luoghi sbagliati.

lunedì 18 marzo 2013

Quarto Passaggio: il Palazzo delle Stagioni

Silenzioso, mite; la quarta porta mi ha condotto nello splendido Palazzo. Non ci sono conflitti, contraddizioni, antitesi: ogni cosa si amalgama, si distende, si compiace delle presenza dell'altro, diverso e inverso. Le stagioni non sono altro che una nuova espressione del tutto.

La bufera che ci attende o il cielo sereno

Ha costruito un Sator, un quadrato magico, per proteggerci dalla bufera che inondera queste terre fra qualche giorno. Espressione di un'antica arte, di una conoscenza che M. dice di non avere e che invece emerge in ogni suo gesto, in ogni sua espressione. E tutto s'inonda di nuovo di melodie profonde, di violini e flauti lontani. Sono i Boschi d'Inverno che tornano a cantare, a parlare di quello che fu e di quello che sarà. Una bufera di neve, o forse un cielo ancora più sereno: non so che cosa temere di più. La Torre dei Venti mi ha parlato dello scirocco, del vento caldo e umido che cambia l'umore, infastidisce, confonde, disturba il normale intercedere delle persone. Sciroccati diventiamo tutti, non intenzionalmente strani, confusi. E il faro illumina notti lunghissime e giorni brevi. L'equinozio di primavera riequilibrerà tutto.

domenica 17 marzo 2013

Simboli: il due

Emerge dall'indiviso, che non è uno, zero o infinito. Tende all'uno in contrapposizione e in equilibrio tensoattivo. Maschio e femmina è stato creato, il Dao lo esprime ermeticamente in due principi profondamente indicibili. Due i tempi estesi, dove il presente non ha mai una durata. Due l'alto e il basso Regno Egizio, l'Occidente e l'Oriente, le sponde del Nilo e il regno dei vivi e dei morti. Due i serpenti del Caduceo e  Due tutto ciò che si contrappone e  che è opposto come la destra o la sinistra. Due gli astri del cielo terrestre;  i principi alchemici per eccellenza (zolfo mercurio) il cielo e la terra, il bianco e il nero. Due è l'unico numero pari  ad essere anche numero primo.

sabato 16 marzo 2013

Equilibrio degli opposti

Con M. l'equilibrio ha trovato nuovi orizzonti, nuovi percorsi. Il Palazzo delle Stagioni si arricchisce delle emozioni più belle e più sincere perché di noi due nessuno sta quieto e in silenzio. Sono equilibri dinamici, in dissolvenza e in forza presso l'altro. Sono emozioni libere, lasciate al loro corso e alla loro diversa opposizione. Sono dimensioni opposte e complementari le nostre, due anime compresenti e antitetiche, come sempre è successo nella mia vita, come sempre sarà anche in questo palazzo. Non c'è un tempo fermo, unico, ma una molteplicità di riflessioni, l'una sovrapposta all'altra, l'una legata all'altra, l'una coincidente e differente dalle altre. M. mi ammira e io ammiro lui perché è nella diversità che le persone scoprono la propria bellezza, la propria forma e la propria eleganza.  Nella diversità e nel desiderio di non mancare, di non deludere, di non essere meno di quello che vorremmo. Diversi. e il lago trema di nuove stagioni. Il castello all'orizzonte attorniato soltanto dalle lampade è la meta quotidiana del Leogrifo, inseparabile e distante amico, che torna, ogni volta, ogni distanza. Il lago s'increspa.

Omaggio al due: il Dao


giovedì 14 marzo 2013

Simboli: le cascate

Una cascata è una spaccatura, una cataratta, una rottura al normale fluire; è acqua che cade da un precipizio. E' il dinamismo dell'acqua che stride con la staticità della roccia, è il movimento che nulla cambia, l'andare per rimanere, l'equilibrio perfetto delle forme in movimento. Come la Temperanza nelle carte dei tarocchi, la cascata è un continuo travaso da un vaso all'altro, eterno, imperituro, senza che nulla muti davvero. E' un flusso in equilibrio dinamico, senza fine, sosta o interruzioni. E' rottura rispetto alla stagnazione ma non rinnovamento dato che nulla in lei sembra rinnovarsi o cambiare mai. Richiama lo scorrere delle cose, il panta rei di Eraclito, ma non può dirsi cambiamento. Ammirevole e magnifico riflesso della natura, la cascata incanta, intorpidisce i sensi, ipnotizza e per questo rilassa; il suo rumore, sempre uguale a se stesso, riempie il silenzio e lo annulla, come a voler in qualche modo allontanare l'eccessiva meditazione e mantenere la concentrazione su di lei.  

Il Palazzo delle Stagioni

Esiste una via, un accesso, un nuovo passaggio che non è una porta, che non è un transitare. Esiste un modo per fermarsi senza rimanere nell'immobilità devastante, per riposarsi senza chiudere gli occhi e abbandonare la coscienza. Esiste un luogo dall'altra parte del lago, dove fonderemo una nuova dimora.
E dove ogni cosa può essere quello che vuole, anche un palazzo, una fortezza, un nuovo castello può divenire velocemente, può innalzarsi superando le barriere del tempo che legano e vincolano gli uomini trattenendoli alla terra. Un nuovo palazzo, in una notte, in un secondo, in un tempo fuori dal tempo, perché qui le dimensioni extra sono sensibili ed evidenti, palpabili e presenti. Un nuovo palazzo come nuovo DAO, come via verso quello che ancora ci appare incerto e poco chiaro. Un Palazzo delle Stagioni, perché qui apparentemente non sembrano esistere, non appare evidente il loro succedersi. Lo intitolo a loro, alla loro forza, al loro dirigere e far procedere ogni cosa nel mondo. Amo gli ambienti austeri ma ampi; M. quelli caldi e ristretti. Un compromesso è possibile, un accordo è fattibile. E tutto scivola nella direzione della nuova fondazione e M. m'investe di un mandato che non credevo di avere. Sono il successore, l'erede, il delfino, colui che ha già preso le redini di un grande passato. Quello che è stato non va dimenticato ma non dovrà pesare sulle nostre teste. Monteremo sulle spalle dei giganti e continueremo la fondazione in cerca probabilmente di un equilibrio instabile e dinamico che mai raggiunge la fermezza. Ma la staticità non appartiene a noi, M., non appartiene a queste terre, espansione e espressione di una complicatezza estrema, di una complessità tutta umana. Beato chi crede in dio, penso a volte, perché può semplificare tutto quello che prova ancorandolo e accordandolo a precetti o regole o direttive canalizzanti e rassicuranti. Habemus papam. 

mercoledì 13 marzo 2013

Dal castello al faro: io e M.

Il Leogrifo ci ha fatti entrare, ci ha fatto attraversare il ponte, ci ha permesso di varcare le 99 lampade e nulla ci ha colpito, solo il ricordo, l'angoscia di quello che è stato, di quello che irrimediabilmente non è più. Il castello testimonia l'abbandono di quello che un tempo era glorioso, magnifico, potente. Oggi le sue stanze abbandonate non possono più ospitare inquilini, non della mia fattura, non della mia essenza. Non sono in grado di viverle, di abitarle. M. sembra come malato, come impotente davanti ad una angoscia che lo consuma. Mi narra di un regno, si una seconda era, di un Re, che non avrebbe sopportato il proprio peso, la propria responsabilità. Mi parla di come siano arrivate le nevi; nostalgico ricorda il Mago, ricorda il suo carattere imprevedibile e poco socievole. L'ho condotto al faro e lì ci siamo riposati. Guarda spesso oltre l'orizzonte in cerca di città, torri, castelli sospesi, che qualcuno avrebbe ideato e concepito, costruito e infine abbandonato.
Ho paura, ho molta paura. mi chiede dove riponga la mia volontà ma io stento a riconoscerla, stento a capire dove tutto volga e verso che cosa. Mi riposo, guardo i suoi occhi: se davvero ha visto e ascoltato il mago, se davvero è stato il suo aiutante, prima o poi ricorderà qualcosa che ci faccia risalire dall'oscurità. Ci riposiamo: il Leogrifo è fuori a guardia di qualcosa che non esiste ancora.  

lunedì 11 marzo 2013

L'astuto seduttore

“Giacchè la bellezza, mio Fedro, solo essa è amabile e visibile al tempo stesso; essa è, notalo bene, la sola forma dell'immateriale che noi possiamo percepire coi sensi e che, i nostri sensi, possono sopportare. O altrimenti che sarebbe di noi se il divino, se la ragione, la virtù, la verità ci apparissero sensibilmente? Non saremmo noi distrutti e inceneriti dall'amore, come Semele al cospetto di Giove? Così la bellezza è, per colui che sente, la via che conduce allo spirito- solo la via, solo il mezzo, piccolo Fedro... E poi disse la cosa più sottile, l'astuto seduttore; disse che l'amante è più divino dell'amato, perchè Dio è nel primo ma non nell'altro...

(Thomas Mann, la morte a Venezia)

giovedì 7 marzo 2013

Terzo Passaggio: l'uscita dalla Grotte di Mandictu

...e infine ritorna la luce, e la neve. Tutto non sarà mai più come prima.

mercoledì 6 marzo 2013

Memorie di M.

"Ho vagato per molto tempo in queste caverne, credendole l'unico luogo sicuro per la mia stessa vita. Ho dimenticato il mio nome, il mio forte, splendido nome. Ho pianto molto per questo. Era una sua idea, come tutto qui, una sua potente e magnifica parola. Ho conosciuto di lui molte cose, l'ho guardato negli occhi, ho letto la sua bocca; ho appreso molto di quello che di una persona si può scrutare e percepire; ho conosciuto la sua antica arte, la sua forte eloquenza, la sua capacità creativa. Non ha abbandonato soltanto me ma anche se stesso.
Quando i boschi si incendiarono, quando il fuoco non ebbe più controllo, l'ultima magia, l'ultima, quella in definitiva possibile, fu di inondare ogni cosa d'inverno, di neve, di freddo. Era preoccupato, è stata per lui una scelta molto difficile, come lottare contro la propria coscienza. Non ricordo più nulla di quello che successe dopo. Nulla. E se ci sono stati nemici, adesso lo so, lo abbiamo capito troppo tardi, è perchè abbiamo fatto in mdo che ci fossero. Nulla qui può turbare quello che esiste, nulla se non la semplice volontà di chi l'ha creato. Sono felice che tu sia qui, perchè adesso siamo l'uno specchio dell'altro; sono felice ma anche preoccupato; mi chiedo dove sia la tua volontà, vera artefice di ogni cambiamento." M.

M. e io

Giaceva tramortito, abbandonato, rifugiato in un sonno quasi eterno.
"Ti ho aspettato"
"Chi sei?" Chiesi lui.
"Davvero non ricordi?"
Si stava sbagliando, non lo conoscevo.
"Davvero hai dimenticato? Sei entrato in queste grotte..come avresti potuto?"
"Non so come abbia fatto, io camminavo nei Boschi..."
"Sei tornato..." E mi abbracciò.
"Da quanto tempo sei qui?"
"Da quando tutto è finito improvvisamente...non ricordo che cosa sia successo davvero ma il Re non ha mai voluto cercarmi e il Mago, di cui portava le insegne, si è dissolto troppo tempo fa, quando il grande lago ha sommerso ogni cosa e l'Isola di F. è rimasto l'unico approdo nel mondo. Ma tu? tu mi riporterai fuori, vero? mi porterai con te? C'è ancora il mio faro? Dimmi, c'è ancora?"
"Sì, l'ho fatto risorgere e non so perchè..."
"Per me, per me! Vedi, tu cercavi me!"
In piedi davanti ai miei occhi, magro, consumato dalla troppa attesa, M. mi guardava inquieto e confuso. Non ci saremmo più lasciati.

Le Grotte di Mandictu

Sono stati qui, millenni fa, tutti, in viaggio. La caverna ne parla, lo sussurra, lo ricorda alla mia fragile, inquieta memoria. Sono passati da queste oscure gallerie perchè l'accesso è per pochi, per iniziati, per coloro che cercano. Il Leorifo mi ha seguito, mi sta dietro, mi osserva insicuro su chi io realmente sia; è confuso perchè lo sono anch'io, perchè non si può essere chi vuole qualcuno ma solo quello che noi scegliamo. Il Leogrifo è già stato qui molte volte, e si domanda adesso come abbia potuto trovarle, come sia potuto entrare. Sono stati qui, due ere fa, quando ancora i confini del Regno non arrivavavno a questo limite, quando ancora la neve non copriva ogni cosa, a gelare e a preservare i colori alla vista degli uomini. Sono passati dalle grotte sacre, dove il nero diventa più nero del nero, dove ogni alchimia è possibile, dove è credibile il cambiamento. Lo trovo scritto sulla roccia, fissato per l'eternità, dove l'eterno è solo un riflesso di desideri profondi e magici, inappropriati all'uomo ma profondamente conntaurati alla sua essenza.... e le grotte mi portano dentro, in profondità.


"Abbiamo vagato per giorni, settimane, forse anni, per questi boschi. Oscuri, illuminati, tetri, vivaci, mutevoli e mutanti, incantevoli e spaventosi. L'Oscuro Guardiano si è chiuso nel suo silenzio. Non ha avuto espressioni per nessuno di noi. Le sue uniche parole sono state 'siamo arrivati'. Una guida silenziosa, misteriosamente sicura, estremamente ligia, compitamente maestosa. M. è arrivato al limite delle sue forze mentre il Leogrifo, abituato a solcare mari e monti, non ha accusato nessun segno di stanchezza. Ci ha protetti, con la sua maestosità; ha supportato M. e me, nella traversata, molte volte. I boschi non si sono rivelati tutti uguali. Se inizialmente li ho percepiti così, pian piano ho cominciato a coglierne i territori, gli ambienti, i passaggi di confine, le traiettorie, la vita. Abbiamo proseguito, l'Oscuro Guardiano ci aveva promesso una dura impresa ancora, come se quella che stavamo effettuando non lo fosse abbastanza. Ho contato innumerevoli fonti e ruscelli. Cascate in luoghi primaverili, in pieno inverno. Ho contato strane creature, ho ammirato misteriose bestie che il Leogrifo pareva conoscere bene. Maestosi i Boschi d'Inverno, nella loro eterna stagione, oltre i Prati Estremi, già oltre i Giardini Officinali. Ghiacciati ma senza neve o ghiaccio; freddi ma caldi nella loro vita. Magnifici i Boschi d'Inverno, mi hanno fatto dimenticare, anche se per poco tempo, le mie amate, abbandonate terre. Non c'è più un Regno adesso, non più le mie terre  ma una comitiva che si sposta verso un dove imprecisato, attraverso traversie e prove da superare. 'Siamo arrivati'. L'ingresso delle Grotte di Mandictu ci aspetta. Abbiamo paura."

martedì 5 marzo 2013

Simboli: la caverna

Passaggio tra questo mondo e gli inferi, temperatura costante, oscurità assoluta, le caverne evocano le funzioni primordiali della grande Madre Terra, contemporanemante grembo accogliente  e tomba a cui tutti sono destinati. L'ingresso all'Ade era una caverna e gli Atzechi facevano risalire la loro origine alle sette sacre caverne dalle quali erano usciti, come generati, partoriti dal grande grembo.  Luogo di nascita, morte, iniziazione e rinascita. Perfino Giove fu cresciuto in una grotta nutrito da api e capre. L'ingresso alla caverna/grotta è introspezione, incubazione, ritorno alla fonte, introiezione psichica, talvolta ibernazione e perdizione sotto il peso dei propri pensieri.  Come simbolo religioso è luogo di conversione, culmine della ricerca spirituale (la stella di Betlemme). E' associata, in molti racconti, al viaggio sotterraneo, iniziatico, di morte e rinascita, laddove le due cose non sono altro che due faccie di uno stesso cambiamento di stato, da effettuarsi nell'oscurità, nelle viscere, nel cuore della terra e  del mondo. Eppure lungi dall'essere terribilmente oscura, in molti casi la caverna iniziatica si presenta  luminosa, in modo da lasciare che l'oscurità rimanga fuori. Deve essere un luogo nascosto, inaccessibile ai profani, un cuore sacro e spirituale; e del cuore assume lo stesso simbolo (triangolo equilatero con un vertice rivolto verso il basso), immagine a sua volta della coppa che contiene e non è contenuta, che regge il sangue salvifico e mortale. E' il centro, l'occultato e il nascosto; il 'difficilmente raggiungibile', la rinascita spirituale. Opposto alla montagna (il cui simbolo è il triangolo equilatero con un vertice verso l'alto) anch'essa via d'iniziazione, la caverna punta al basso, alle profondità, alla via segreta e nascosta, luogo di seconda nascita. Caverna e montagna sono due vie spirituali, centri iniziatici, complemetari l'una all'altra, allineate sullo stesso centro assiale (caverna dentro la montagna).  

venerdì 1 marzo 2013

Simboli: il simbolo

Il simbolo è una soglia, un passaggio visivo o verbale in grado di condurre a nuovi e più complessi livelli di significato. Un velo a separare una logica descrittività e una profondità esperienziale e di significanze. Il simbolo esprime sempre ciò che non può essere detto, che non può essere espresso con la razionalità del discorso logico. E' un varco, una porta, un passaggio dell'anima

Il Mare del Sud

Il Faro ha ripreso a funzionare. Sono queste terre, è il risveglio di ogni cosa. E il Mare del Sud che condusse qui secoli orsono, naviganti e viaggiatori, pirati e contrabbandieri, furfanti e maghi,  è di nuovo navigabile, e sicuro nella notte. Il Mare del Sud che oltre il faro, giunge nelle terre perdute oltreoceano, squarcia il confine del presente sospeso nella neve, congiunge quello che è fuori da quello che è dentro. E' una distesa d'acqua tempestosa, inquieta e continuamente agitata.

giovedì 28 febbraio 2013

Argomenti: il bestiario medievale e il Basilisco

Un bestiario, o bestiarum, è un compendio che descrive gli animali (o bestie). Nel medioevo si trattava di una particolare categoria di libri che raccoglievano brevi descrizioni di animali (reali ed immaginari) accompagnate da spiegazioni moralizzanti e riferimenti tratti dalla Bibbia. L'origine remota di questi testi, che non hanno alcuna valenza scientifica o naturalistica, è da ricercarsi nell'opera greca Physiologus (il fisiologo, cioè lo studioso della natura) che offriva l'interpretazione degli animali e delle loro caratteristiche in chiave simbolica e religiosa. Altre fonti sono invece da ricercare in autori latini tra cui Plinio il vecchio, Solino, S. Ambrogio.
Le cause di raccolte di animali immaginari in appositi Bestiari, frutto della pura fantasia dell'uomo sono molteplici. Determinanti le minori conoscenze scientifiche e quindi l'attaccamento alle tradizioni locali e le leggende pervenute da lontano. Incrementarono inoltre la fantasia umana la condizione storica geografica e territoriale. All'epoca i paesi erano fortificati e isolati a causa delle numerosissime invasioni e collocati a ridosso di un bosco il quale garantiva un'ottima rifornitura di legname. Nasceva un legame di dipendenza con la foresta, ma anche una sorta di fascino e inquietudine dato che al tramontare del sole, il bosco, era profondamente sinistro data la sua macchia fitta e profondamente buia, e frequentato solo dai suoi inquilini selvaggi come lupi o altri animali. La suggestione del luogo portava la gente a tenersi lontana durante la notte, e i suoni degli animali venivano interpretati come demoniaci e sovrannaturali. Alcune importanti bestie mutuate dalla tradizione orientale o originatesi in seno alla nascente cultura cristiana europea  erano e sono il Basilisco  (la cui descrizione può variare sensibilmente da autore a autore) e l'Araba Fenice. Sul  primo, essere terrificante e tremendo, si è scritto meno rispetto alla Fenice, proprio perchè quest'ultima è strettamente collegata al tema, caro al cristianesimo, della resurrezione.
Il Basilisco (dal greco Basiliskos, 'piccolo re') di cui si trova traccia persino nei Salmi biblici (Salmi 91,13), era generalmente raffigurato come un piccolo serpente (più tardiva la raffigurazione serpente-testa di gallo) dallo sguardo pietrificante e mortale. Taluni dichiarano che è mortale la stessa aria che lo circonda oltre che al suo tocco. Si credeva fosse generato da un uovo di gallo in particolari condizioni astrali e covato da rospi o serpenti anche per diversi anni.  L'animale è simbolo di ciò che si evita, che si fugge perchè pericoloso e mortale per la coscienza. Il Basilisco, ritroso e vendicativo, talvolta rappresenta la colpa, il rimorso e l'inganno. Mortale per l'animale è il canto di una donnola.