...due sono state e sono tornate le terre, due furono e sono di nuovo gli antichi regni ed uno è rimasto, da sempre, il confine del presente...

martedì 26 marzo 2013

Simboli: il drago

La costellazione del Drago (o Draco), sebbene sia una delle più vaste ed antiche che conosciamo, si attorciglia attorno al Polo Nord, e non è facilmente visibile ad occhio nudo. Il mito greco narra che Atena, affrontata dal drago che i giganti le opposero, lo avrebbe preso, attorcigliato e scagliato nel cielo inchiodandolo all’asse del mondo. Le stelle che compongono la costellazione del Drago, data la loro posizione particolare,  non tramontano mai ed occupano un ruolo centrale fra le altre costellazioni. Questa peculiarità ha ispirato l’associazione simbolica del drago all’eternità, alla conoscenza e alla vigilanza sul tempo e sul mondo in generale. Il drago diventa simbolicamente guardiano del tempo, e assume le sembianze dell’Ouroboros Alchemico (letteralmente Mordicoda). Uccidere il drago è metafora di conquista di una conoscenza superiore, come conferma l’undicesima fatica di Ercole, (che ucciderà il drago Ladone nel giardino delle Esperidi), di abbattimento di limiti temporali, di raggiungimento dell’immortalità. Gli antichi interpretavano l’anello draconico come cambio dell’anno e ritorno al principio e come principio dell’opera, in cui viene ingerita l’umida e velenosa coda del drago.
Il drago come Ouroboros è probabilmente uno dei più antichi simboli figurati dell’Alchimia e dell'ermetismo in generale. Legato al tempo ciclico e all’eternità, è simbolo unificatore dei contrari, perché è metallo oppure liquido, materia o spirito, freddo o ardente, veleno o bevanda salubre, androgino e contenente tutte le forme. È la prima materia come il Mercurio (con cui spesso si confonde nella simbologia) e sta all’inizio dell’opera, la nigredo, il caput corvi. (Ecco perché spesso l’Opus viene chiamata circulare oppure rota) Il drago divora se stesso e muore per risorgere poi come Lapis. Quando si parla di Drago, così come di Mercurio, si intende lo spirito celato o prigioniero nella materia e creatore del mondo. Nel drago si combinano il principio ctonio del serpente e quello aereo dell’uccello. Diventa qualitativamente ‘primateriale’; ucciso nell’alambicco/uomo è la conquista dell’origine, dell’anima di tutte le cose, di ciò che sta sotto, prima e dentro il tutto. Uccidere il drago è andare oltre, a fondo, dentro la costituzione delle cose. È conoscere le loro cause, è affondare nel caos non caotico della primordialità dell’essere, è fare sostanzialmente quello che in teoria soltanto dio, per le religioni monoteiste, può fare. L’Alchimista-Artifex, artefice di se stesso (nella visione psicoteorica della coincidenza simbolica e reale fra alchimista e opera alchemica) uccide per vedere risorgere il Drago Primateriale; lo incendia conferendogli le ali perché cominci ad esalare, e con questo gesto affonda i piedi nella Nigredo.
Il termine Drago, associato ai diversi colori (drago rosso, drago verde ecc), viene usato nei trattati di alchimia pratica per designare diverse sostanze. Gli antichi egizi, per esempio, avevano diffusamente trattato i segreti chimici per mezzo di figure animali. Il drago nei loro manoscritti rappresenta generalmente il salnitro (nitrato di potassio).
Gli psicologi del profondo, in particole dell’indirizzo Junghiano, hanno riconosciuto nei draghi e nei mostri in genere simboli delle potenze fondamentali che formano i depositi più profondi della geologia psichica. Lottare con il drago è affrontare, da parte dell’ego, l’ansia primaria collegata da alcuni al trauma della nascita.
La degenerazione del suo significato 'etico' (da essere positivo, sotteso a tutte le cose, rigenerativo e costitutivo del mondo intero, ad animale diabolico, infernale, malvagio e crudele) è imputabile nell'Occidente alla diffusione del cristianesimo (in tutte le sue correnti) che ritrova la 'bestia' menzionata nell'apocalisse con un significato evidentemente negativo (anche se la cinematografia degli ultimi decenni ha tentato di riscattarlo a sfavore della cavalleria medievale). Questo processo di trasformazione semantica comincia in pieno medioevo e porterà la creatura ad assumere diverse peculiarità che in origine non aveva: lo sputare fuoco (che richiama le fiamme infernali) la dentatura felina (collegata alla 'bestia' che divora) e probabilmente anche le ali da pipistrello (animale legato al male perchè attivo soltanto di notte, cioè lontano dalla luce solare legata al 'dio della vita'). Un'ultima curiosità: il mitico animale è largamente documentato in tutti bestiari medievali che a loro volta si rifanno a testi ancora più antichi o a racconti leggendari, ed è presente in tutte le culture del mondo (ovviamente con caratteristiche fisiche che variano da cultura a cultura). Nella 'creazione' della sua immagine, probabilmente hanno avuto la loro importanza ritrovamenti di resti fossili di animali preistorici, in particolare di dinosauri, più che, come dicono alcuni, la reale esistenza di esseri simili. Non è ufficialmente documentato nessun resto di Drago al mondo (fossile e non).  

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